Per una notte lo stadio di Wembley a Londra parlerà solo tedesco. Ecco la finale tutta teutonica di Champions League: il blasone e la tradizione del Bayern Monaco, già finalista l'anno scorso quando fu battuto proprio in casa dal Chelsea di Di Matteo, contro l'esuberante irriducibilità del Borussia Dortmund, capace già due volte quest'anno - contro Shakhtar Donetsk e Malaga negli ottavi e quarti - a spuntarla proprio negli ultimissimi minuti.
Superato un girone di ferro, composto da soli campioni nazionali (Ajax, Manchester City e Real Madrid), sono divenuti i quattro gol di Robert Lewandowski, in semifinale contro le merengues, il biglietto da visita della squadra di Jurgen Klopp. «La cosa di cui andiamo più orgogliosi è l'accesso alla fase ad eliminazione diretta - ricorda Klopp - La partita contro il City ci ha aperto gli occhi, dimostrandoci che potevamo giocarcela contro chiunque, anche contro i più forti, e persino fare meglio di loro».
Sulla strada per il secondo trionfo europeo (dopo la vittoria nel 1997, in finale contro la Juventus) c'è il Bayern, inavvicinabile in Bundesliga dall'alto di un vantaggio di 25 punti, e mai sconfitto quest'anno in quattro confronti (due vittorie per i bavaresi). «Non abbiamo mai cambiato il nostro stile di gioco per paura degli avversari, perchè dovremmo cominciare proprio adesso? - la replica d'orgoglio di Klopp -. Il segreto di queste partite è prepararle come fossero incontri normali ma poi giocarli in maniera speciale. È proprio quello che faremo noi».
Un guanto di sfida lanciato a Jupp Heynckes che sogna il congedo perfetto in attesa dello sbarco in Bavaria di Pep Guardiola. Nonostante i 68 anni, e oltre tre decenni su panchine di prestigio il tecnico del Bayern è una tempesta di emozioni come mai gli era capitato in carriera. Neppure la vittoria alla guida del Real Madrid nel 1998 riesce a «normalizzare» una vigilia carica di attese.
«Non ho mai provato nulla di simile ma credo che dipenda dal fatto che siamo stati protagonisti di una stagione straordinaria - le parole di Heynckes -. Abbiamo battuto ogni record, segnando tantissimi gol ma anche subendone pochi. Il calcio è cambiato, oggi è più complesso, più veloce e con meno spazi. E anche i calciatori sono cambiati, oggi la comunicazione è fondamentale. Quest'anno ha funzionato tutto alla perfezione».
In finale ci sarà anche un po' d'Italia: l'arbitro Nicola Rizzoli, architetto 42enne da Mirandola (Modena), internazionale dal 2007. «Quanto uscirò dal tunnel ed entrerò in campo avvertirò l'emozione di essere nella storia», così il fischietto emiliano.
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