Mancio fiuta i talenti, Spalletti li plasma

Accomunati dall'esperienza in panchina all'Inter: scomoda per entrambi

Mancio fiuta i talenti, Spalletti li plasma
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Ci sono due immagini che fotografano una diversità filosofica: Luciano Spalletti giovane dai cappelli scompigliati e camicia sbottonata a mezzo busto, Roberto Mancini dal ciuffo mai spettinato e l'eleganza dell'indossare foss'anche una polo. Non sono i simboli del loro calcio, ma da qui affiora un'idea sotto traccia.

Mettiamoci altro. Spalletti ha passione per vigneti, cavalli e trattori. Mancini è un uomo di mare e yacht da traversata. E qui si intravede qualcosa del loro mondo calcio. Hanno entrambi gestito l'Inter, con le problematiche che comporta la «pazza Inter». Mancini ne è uscito meglio avendo dapprima creato una squadra a vincere (Mourinho ne ha raccolto altri frutti) poi ha ritentato ma, nel calcio, «repetita non iuvant». Legge non scritta che Spalletti ha provato a ribaltare nel ritorno a Roma. Invece a Milano qualcosa stava nascendo, ma i padroni cinesi avevano fretta di vincere. Spalletti ha messo le premesse, Conte ha raccolto. Entrambi hanno lavorato bene per i successori.

Questo per dire che il ct e l'ex sanno dare qualità alle squadre pur con ispirazione personale differente. Quindi che nazionale sarà quella dello Spallettone, nel frattempo diventato a testa lucida in ogni senso, rispetto a quella del Mancio campione d'Europa, un successo che resterà nella storia? Mancini è un eccellente scopritore di talenti, vede il giocatore e lo capisce. Spalletti è più bravo nell'inventare ruoli, nel modellare il talento di un calciatore. E così le squadre. Da qui la differenza delle nazionali, visto che gli uomini saranno più o meno gli stessi: non c'è gran cosa da sfogliar nel nostro orticello. Mancini ha dato un'idea di gioco in tempi brevi ed ha inciso nelle teste degli uomini. Ha saputo adattare le squadre alle necessità del momento: quelli sono forti in attacco (un vecchio Inter-Napoli)? Bene, allora andiamo a difendere nella loro area. Spalletti cerca credibilità con l'idea di gioco e va alla ricerca della verticalità. Usano sistemi simili: il famoso 4-3-3 variabile, per quanto valgano i numerini, li accomuna. Spalletti da giovane era un medianaccio che pensava da allenatore.

Mancini era un bizzarro talento naturale, ma ragionava da tecnico. Hanno fatto carriera. Spalletti dice: «Uomini forti, destini forti». Mancini è più immediato: «Vincere aiuta a vincere». E in questo pensiero ci sarà tutta la differenza fra le loro nazionali.

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