Meglio lo stop che chiudere stadi e curve

Meglio lo stop che chiudere stadi e curve

L'idea di fermare il gioco per reagire agli ululati razzisti potrebbe essere una buona soluzione. Plateale ma sicuramente più logica rispetto alla chiusura delle curve o degli stadi, come accade da tempo nel nostro football. Fermarsi non significa abbandonare la partita, questo comporterebbe sanzioni e sconfitta a tavolino, come già accadde al Milan europeo. In verità il Napoli ci ha già abituato a reazioni spettacolari e capricciose, per esempio disertando la premiazione della supercoppa a Pechino, nel duemila e dodici, per protesta contro arbitro e Juventus. Quello, però, era il Napoli di De Laurentiis e basta, questo è ancora il Napoli di De Laurentiis ma soprattutto è il Napoli di Carlo Ancelotti, uomo di football e di campo, per esperienza irrobustita nei più grandi club italiani e internazionali.

Gli insulti alla razza sono una vergogna ma non sono da meno le allusioni al mestiere delle genitrici di calciatori, arbitri e allenatori, offese per le quali ormai c'è divertita assuefazione, facendo parte del folklore del nostro meraviglioso pubblico. Il ministro degli Interni è di parere diverso, secondo Matteo Salvini la partita non dovrebbe essere interrotta. La replica del club partenopeo profuma di pretesto politico ma anche questo rientra nei costumi condominiali del Paese. Entrambi gli attori di questo contenzioso dimenticano, tuttavia, un particolare: soltanto l'arbitro ha la facoltà di interrompere il gioco ma non di sospendere e rinviare la partita, di competenza esclusiva del responsabile dell'ordine pubblico, in Italia, del delegato Uefa a livello europeo.

Nessun altro può sostituirsi al ruolo di queste figure. A meno che non si scelga l'anarchia, decidendo di lasciare il calcio nelle mani e nelle voci sguaiate degli ululanti nelle tribune, degli arruffapopolo e dei loro astuti complici in campo.

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