Il pareggio tra Roma e Milan non risolve il problema ma è la conferma dell'imprevedibilità del calcio, novanta minuti inutili e impauriti, poi, improvvisi i due gol che nulla spiegano nel bingo della prossima champions. L'anticipo è marginale rispetto alla domenica bestiale. Mai come questa volta a Napoli hanno passato a nuttata. Nel football accadono certe coincidenze che sfiorano la beffa: Simone Inzaghi il 5 maggio del 2002, realizzò uno dei quattro gol della Lazio, l'ultimo per la precisione, che tolsero il gusto dello scudetto all'Inter di Ronaldo e Vieri, consegnando il titolo alla Juventus vincitrice a Udine. Oggi il tecnico piacentino può ripetersi, perché una sua vittoria sulla Lazio, alla guida dell'Inter, significherebbe il trionfo del Napoli. Tutto previsto anche se i gesti apotropaici della folla napoletana segnalano ultimi timori e tremori. Non è il caso di andar dietro a certe dicerie, ormai è fatta, per merito e per campo, restano accesi i fuochi alle spalle dei nuovi campioni, la cosiddetta corsa per un posto in champions è roba ristretta alle due romane e alle due milanesi, a meno di un colpo di coda dell'Atalanta, personalmente lascio fuori la Juventus sulla quale circola aria pesantissima, sono probabili svolte che possono sconvolgere il suo presente e condizionare il suo futuro, non c'è soltanto il tribunale ma una situazione contabile drammatica. La tensione è evidente anche nelle parole e nel comportamento di Allegri il quale, in conferenza stampa, ha abbandonato i toni garbati per sforare nelle provocazioni. La sua fortuna è quella di non trovare un contraddittorio all'altezza delle sue elucubrazioni.
Se un giornalista sbaglia più di un articolo difficilmente viene promosso e fa carriera a differenza di un allenatore, Allegri fra questi, che trova un posto di lavoro multimilionario, a prescindere dalle continue sconfitte. E la furba legge del calcio, è la furbata di un allenatore che ha il privilegio di poter vivere di rendita.
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