Silvano Ramaccioni, una vita onoratissima al servizio del calcio d'antan, è stato l'angelo custode di Pablito Rossi (a proposito: divenne Pablito nel '78 in Argentina per merito di Giorgio Lago, inviato per il Gazzettino del mondiale; ndr) per due volte. Dapprima a Perugia e più tardi al Milan: per motivi diversi non furono due esperienze esaltanti. Anzi.
Per cominciare Ramaccioni, come fu possibile per il Perugia, riuscire a ottenere il trasferimento di Paolo Rossi vincendo la concorrenza del Napoli?
«Fu merito di una idea stravagante di D'Attoma, il presidente azionista del Perugia. Eravamo reduci dal secondo posto, avevamo venduto Novellino al Milan, avevamo bisogno di dare un senso e una immagine alla nuova stagione. Così studiammo la formula del prestito in leasing con il Vicenza, soluzione gradita a Farina che non voleva assolutamente privarsi del suo gioiello. Paolo Rossi non ebbe mai pretese da star mondiale, anzi in quella occasione si accontentò di uno stipendio da frate francescano. Era la sua cifra umana: non si dava le arie pur essendo già Pablito».
Nel frattempo piombò sul Perugia e sul fuoriclasse il ciclone del calcio-scommesse...
«E fu allora che accompagnai per tutto il periodo del processo sportivo Paolo a Milano. La sera prima della sentenza dormimmo nella stessa stanza: avevamo prenotato un albergo che fosse vicino agli uffici della Lega in zona porta Romana e non c'era posto. Così finimmo per parlare fitto fino a notte inoltrata. E assunsi un po' il ruolo del confessore. Paolo con me si confidò come con un fratello maggiore, non riusciva a darsi pace perché davvero era stato coinvolto nell'inchiesta sportiva per aver stretto la mano a uno sconosciuto mentre si trovava ad Avellino prima di una partita. Sarò stato uno o due minuti al massimo con quella persona continuò a ripetermi».
Poi se lo ritrovò al Milan...
«E anche allora il suo trasferimento fu tormentato. Ricordo che il presidente Farina, nei giorni che precedettero la firma del contratto, continuava a chiamarmi e a lamentarsi perché ritardavano ad arrivare in banca le garanzie di Gianni Nardi, il vice-presidente del club. Era lui che avrebbe dovuto finanziare la trattativa conclusa direttamente da Farina con Boniperti. Non fu una stagione esaltante, se si eccettua il derby dell'85 con due gol all'Inter. Paolo viveva in compagnia perenne della borsa del ghiaccio, dopo ogni partita: aveva acciacchi e dolori alle ginocchia».
Poi arrivò Silvio Berlusconi...
«Che riservò a Paolo un trattamento da star televisiva.
Perché aveva nitido il ricordo di Spagna '82 e del trionfo di quella Nazionale che aveva cambiato la vita agli italiani, non solo agli amanti del calcio. Rossi non rimase al Milan solo per motivi fisici: sapeva di non poter più offrire quel rendimento che serviva a noi per dare inizio alla scalata cominciata giusto un anno dopo con l'arrivo di Arrigo e degli olandesi».
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