Il «soldatino» Janmaat talismano dell'Olanda

Il «soldatino» Janmaat talismano dell'Olanda

Olanda-Messico significa garanzia di gol. Quanto meno, lo è stato finora: sei incontri tra le due nazionali (uno al Mondiale, nel 1998, terminato in pareggio, mentre i centroamericani non battono gli orange dal '61) e nessun caso di reti inviolate, né dall'una né dall'altra parte, a fine partita. Questa però potrebbe essere la volta buona, con l'Olanda della difesa totale di Van Gaal e il Messico ancora più arcigno dietro: 1 solo gol concesso nella fase a gironi, un portiere, Guillermo Ochoa, con l'88.9% di tiri parati, due centrali in cima alle classifiche per palloni recuperati (Rafa Marquez, 22 a partita) e duelli di testa vinti ("Maza" Rodriguez, 18). In più, ecco pronto l'anti-Robben, ovvero Paul Aguilar, 31,07 come velocità massima raggiunta.
Robben, già. Assieme a Van Persie e Janmaat era l'unico sicuro di un posto da titolare nell'undici olandese alla vigilia del Mondiale. Se i primi due non hanno bisogno di presentazioni, il terzo non può certo vantare una grande visibilità internazionale. Ma per Van Gaal è un autentico talismano: con lui in campo, l'Olanda non ha mai perso. Martedì contro il Cile, Janmaat ha disputato la sua 19ª partita in maglia arancione, centrando la vittoria numero 15. L'esterno difensivo è così diventato il nuovo primatista di imbattibilità nella storia dell'Olanda, superando l'ex Ajax e Valencia Hedwiges Maduro, 18 caps e nessuna sconfitta, ma solo 4 minuti disputati in un Mondiale, quello del 2006. Ben diverso è stato l'impatto di Janmaat in Brasile: la performance da maratoneta sulla fascia destra nel match d'esordio contro la Spagna (oltre 11 i chilometri percorsi), l'assist per la rete dell'1-0 di Leroy Fer contro il Cile. Piccole cose se paragonate ai numeri di Robben, ma una squadra vincente si costruisce anche su questi dettagli, sul lavoro sporco e spesso poco visibile.
Appariscente Janmaat non lo è di certo. Nelle discese palla al piede non possiede lo stile barocco e maestoso di Gregory van der Wield del Paris Saint Germain, né l'esuberanza di Ricardo van Rhijn dell'Ajax. Ma in Brasile Van Gaal ha portato lui, lasciando a casa sia il terzino destro titolare nella finale Mondiale 2010, sia il suo giovane clone. Entrambi più glamour, nonché maggiormente esperti in campo internazionale (con PSG e Ajax sono assidui frequentatori della Champions League, torneo in cui Janmaat ha disputato appena 199 minuti, tutti nei preliminari), ma meno di sostanza rispetto all'esterno del Feyenoord, abile nel garantire in egual misura spinta e copertura nel 5-3-2 varato dal tecnico. Una scelta, quella della difesa a cinque, fonte di feroci polemiche in Olanda, tanto sotto il profilo "filosofico" (la patria del calcio totale che si converte al gioco di rimessa), quanto sotto quello pratico, con 3/5 del reparto arretrato composto da giocatori del Feyenoord (Janmaat, De Vrij e Martins Indi, più il giovanissimo Kongolo come prima riserva dell'esterno sinistro Blind). Una squadra che ha chiuso la ultima Eredivisie con 40 reti incassate in 34 partite: non proprio un muro invalicabile. Il campo però sta dando ragione a Van Gaal, confermatosi ancora una volta tecnico insuperabile nel ricavare il meglio dai giocatori più sottovalutati. E pochi lo sono più di Janmaat, giocatore dalla carriera diesel che, dopo essere stato bocciato dal Feyenoord ai tempi delle giovanili, si è ricostruito passo dopo passo: ha iniziato dalla B (con l'Ado Den Haag), è transitato dalla provincia (Heerenveen) per approdare a realtà più ambiziose (il Feyenoord, appunto).

La prossima tappa è l'estero, con tutta probabilità Napoli, il club in pole position (per ammissione dello stesso giocatore) nelle trattative. Per il resto, mai una polemica, una paparazzata, un intervento sopra le righe. Janmaat è un soldatino. Ma le stelle, per vincere, hanno bisogno anche di loro.

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