È il derby degli opposti umori (a causa del mercato), dei tormenti (per assenti e ritardatari) equamente suddivisi e di qualche veleno gratuito. È il derby di Milano che può rimettere in sella Pioli oppure ricacciarlo indietro alla mercè della concorrenza che nel frattempo - grazie a Vlahovic più Zakaria - è aumentata nel numero e nelle aspettative. È il derby che può consacrare il primato di Simone Inzaghi che nel giro di una settimana può rispedire nelle retrovie Milan e Napoli e guadagnare strada in coppa Italia facendo fuori niente meno che Mourinho, il profeta del triplete, amatissimo dal tifo neroazzurro.
Gli interisti sono usciti galvanizzati dalla fine del mercato culminato con il colpaccio Gosens (per parare la possibile partenza di Perisic) e l'arrivo di Caicedo, precauzione utile in attesa della guarigione di Correa. I milanisti invece sono finiti al muro del pianto per il mancato acquisto di un difensore centrale (promesso a dicembre) e quel tentativo last minute su Renato Sanches non andato a buon fine. Hanno messo nel mirino l'azionista Elliott e lo scudetto del bilancio che viene considerato, di questi tempi molto magri, sbagliando, un intralcio ai piani tecnici. Per migliorare il fatturato l'ad Ivan Gazidis è volato a Dubai, ospite dell'Expo, ma è lo stadio nuovo l'unico strumento utile a soddisfare i bisogni del club. Poi ci sono anche i tormenti. Quelli del Milan cominciano dagli acciacchi (infiammazione al tendine d'Achille) di Ibra, passano attraverso l'improbabile recupero di Tomori (forse non è il caso di accelerare il rientro dopo il menisco) e si concludono con il ritardo nel viaggio dalla coppa d'Africa di Kessiè, giustificato dalla società e da ieri a pieno servizio nei campi di Milanello.
Presentarsi sabato pomeriggio a San Siro, sul prato rizollato, con la coppia difensiva centrale Kalulu-Romagnoli e con Giroud o Rebic sostituto di Ibra, non è il massimo sperato dopo la sosta ed è in parte anche conseguenza del mancato intervento sul mercato. Persino Simone Inzaghi, nel suo piccolo, continua a consultare piani di volo e resoconti dal sud America per capire se e quando potrà contare su Sanchez e il toro Lautaro di rientro dagli impegni per le rispettive nazionali. Perciò alla fine, sui social, trova spazio il dibattito polemico sull'intervista di Marco Serra (Sky sport), l'arbitro finito all'angolo per il famoso erroraccio di Milan-Spezia. Ha raccontato dei calciatori milanisti che lo hanno consolato - e si sapeva - ma soprattutto ha confidato dei due pensieri avuti in occasione del gol di Messias anticipato dal fischio («speravo che non entrasse in porta») e dal gol del 2 a 1 di Gyasi («mi son detto: non ci credo!»). In un paese calcisticamente evoluto, l'intervista sarebbe stata salutata con il doppio riconoscimento del comportamento virtuoso dei milanisti e l'onestà intellettuale dell'arbitro. E invece da queste parti è partita la caccia al sospetto.
Per fortuna, Rocchi, il designatore, si è tolto dagli impacci con la designazione di Marco Guida, quarantenne, arbitro internazionale di lungo corso, con esperienza sufficiente per domare l'evento e ricacciare indietro i veleni.
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