di Corrado Clini*
Fino agli anni Ottanta il motore diesel era stato la bandiera «eco efficiente» dell'industria automobilistica europea, sostenuta da regolamenti comunitari e incentivi fiscali da parte dei singoli Stati membri. Tuttavia, gli allarmi crescenti dell'Oms sull'inquinamento urbano, e il contestuale impegno europeo di riduzione delle emissioni di CO2, avevano progressivamente orientato l'U ad adottare norme ambientali sempre più stringenti per ridurre emissioni e consumi dei motori diesel, fino al regolamento CE 715/2007 che ha fissato limiti molto severi per i veicoli Euro 5 e 6 sia per le emissioni degli ossidi di azoto sia per i consumi. La riduzione di emissioni e consumi era ed è un obiettivo giusto, ma nelle normali condizioni di esercizio, cioè su strada, il rispetto contestuale dei due limiti è praticamente impossibile anche dai veicoli Euro 5 e 6. Nel 2006-2007, durante la preparazione del regolamento europeo, avevo messo in evidenza che i limiti erano compatibili con motori ibridi e non con i diesel, ma il combinato disposto della demagogia ambientalista e della difesa del diesel da parte delle industrie europee aveva prevalso sulle considerazioni tecniche generando un regolamento europeo «con il trucco».
Infatti, il regolamento aveva introdotto una procedura di omologazione «su banco» molto diversa dalla omologazione nelle «condizioni d'uso» prevista dalla procedura internazionale WLTP (Worldwide Harmonized Light Vehicles Test Procedures) utilizzata negli Usa. Dovevamo aspettarci che i veicoli diesel omologati con le procedure europee non avrebbero superato la prova del WLTP. E, come era prevedibile, i controlli effettuati negli Usa hanno scoperchiato la pentola e messo in evidenza l'ipocrisia del regolamento europeo. Ecco la vera origine del dieselgate.
A questo va aggiunto che già nel 2012 l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro aveva classificato le emissioni diesel come possibili cancerogene. Anche il rapporto dell'Agenzia Europea dell'Ambiente(Air quality in Europe 2016) ha riconosciuto che le emissioni reali dalle auto diesel Euro 5 e 6 sono molto più alte di quelle accertate con l'omologazione, segnalando che la prevalenza nel mercato europeo delle vetture a gasolio è una sorgente di rischio per l'ambiente e la salute.
Alla fine l'Ue ha dovuto modificare il regolamento del 2007 con nuove regole (EU 2017/1154) basate sulle metodologie RDE (Real Driving Emissions) e WLTP per misurare le emissioni, allineando le procedure europee a quelle internazionali, con l'effetto inevitabile di imporre alle Case che volessero continuare a produrre auto diesel investimenti aggiuntivi molto onerosi. E infatti il nuovo regolamento fa seguito alla decisione di gran parte delle Case europee di investire per lo sviluppo nel breve medio periodo di auto ibride ed elettriche. Gli effetti nel mercato europeo sono evidenti. Per la prima volta dal 2009, nel 2017 le auto a benzina hanno superato quelle diesel. In particolare, in Germania le auto diesel sono passate dal 52% del 2016 al 39%.
L'Italia è in controtendenza, con il 56% di vetture diesel immatricolate nel 2017, in crescita del 3% rispetto al 2016: questo non è un segnale positivo, perché evidentemente le imprese italiane ed europee puntano ancora su un mercato italiano non allineato alle innovazioni tecnologiche e normative. E non è una buona notizia né per l'ambiente né per l'economia italiana.*Già ministro dell'Ambiente
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