Torna il dna nerazzurro: "Con una difesa forte possiamo far male a tutti"

Solo due volte la sfida a settembre, ha sempre vinto l'Inter. "Palacio come Cavani? Rodrigo aiuta di più la squadra"

Torna il dna nerazzurro: "Con una difesa forte possiamo far male a tutti"

Forse è un po' presto per capirne qualcosa: più dell'Inter che della Juve. Forse è un po' presto per godersi appieno il cosiddetto derby d'Italia. Dicono le statistiche che, nel campionato a girone unico, Inter-Juve a settembre è andato in onda solo due volte. Ed ha vinto sempre l'Inter (1939: 4-0; 1989: 2-1). Conte toccherà ferro.
Ma poi Inter-Juve resta partita ricca di furori e sapori. Conte contro Mazzarri fa già locandina per chi ama le sante guerre calcistiche. C'è aria dolce a Milano e fors'anche a Torino, veleni annacquati. «Non capisco, non l'ho offeso, non ho mai detto cose da infastidire. Solo una volta, sul modulo, gli ho fatto un complimento che forse è stato frainteso».
Il bello della lotta dovrà essere solo sul campo ed anche Moratti che si guarda allo specchio e dice «vendo o non vendo?» diventa un'appendice almeno per una notte. I 31 scudetti veri o fasulli della Juve sono pepe. Ma non va aggiunto agli ingredienti. «Non voglio pensarci. Nel calcio ci deve essere rivalità e civiltà e noi per primi dobbiamo pensarci». L'orario che non fa parte delle tradizione è una variante: Mazzarri che la vive per la prima volta è una voce che, per ora, sembra fuori campo. Ma Mazzarri che parla di grande difesa, dell'importanza di sapersi difendere e cita la Juve dell'anno passato («Ha vinto lo scudetto con la miglior difesa») si inserisce nella tradizione delle grandi Inter, nel Dna di una squadra che ha sempre vinto le grandi competizioni, ieri, l'altro ieri, 50 anni fa, partendo da un grande assetto difensivo.

Ecco, questo è un tecnico perfettamente integrato nel nero e, soprattutto, azzurro della storia interista. Semmai questa è Inter: non quella svolazzante e presuntuosa dell'anno passato che a Torino si illuse e da Torino deragliò brutalmente. L'Inter potrebbe ripartire da quel 3-1 per dimostrare che non era così debole come in seguito ha fatto intendere. Mazzarri riparte con la sua Inter, contro una Juve sulla carta più forte, certo più convinta di essere la più forte. «Ma se siamo attenti in fase passiva e sviluppiamo il nostro gioco in fase attiva, possiamo dare fastidio a tutti». É un atto di fede e un credo da instillare nei giocatori.

Non sarà facile vedere e capire tutto oggi. La Juve oggettivamente promette di segnar gol, se non di vincere la partita. Il tecnico ha cercato di non rifugiarsi negli alibi («Penso anch'io che sarebbe stato meglio incontrarla più avanti»), ha convocato Milito per la panchina magari come portafortuna (segnò due gol a Torino), ha chiesto di allenare la squadra a San Siro magari per scaramanzia (come nelle precedenti due partite di campionato), ha spiegato che Palacio è meglio di Cavani nel modo di aiutare la squadra e che entrambi sono bravi ad attaccare la profondità. Palacio il suo Cavani: potrebbe essere un amuleto di speranza. E racconta il piacere nel vederlo convocato in nazionale, mentre Tevez mastica gomma a Torino. «Ma ogni tecnico la pensa a modo suo. Ricordo un periodo in cui Cambiasso non veniva convocato. Magari Palacio corre di più, torna in difesa, invece Tevez ha più talento. Ma non vuol dire che uno è più bravo dell'altro». Eppure l'argentino è uno dei pochi jolly da contrapporre alla Juve. Poi sono parole di stima per Alvarez e Taider, attese per Kovacic («Non ancora in piena forma»).

Il tecnico spiega l'Inter ma soprattutto la sua filosofia. «Voglio vedere buone prestazioni, indipendente dal risultato. Se vinci eppoi fai male nel resto della stagione, cosa diranno i tifosi?». Vale l'esempio dell'anno passato. Stavolta Mazzarri e l'Inter (leggi Moratti, Thohir, i cinesi e chi altro...) vorrebbero un mattoncino sul quale costruire un futuro.

Con un pizzico di realismo: «Per noi sarebbe più importante vincere: per acquisire l'autostima che i nostri avversari hanno già e aumentare la convinzione su quello che propongo». C'è modo e modo per vincere. E anche per perdere.

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