Il Toro si mangia il gufo e torna a far male

L'argentino segna il gol della tranquillità. Per lui un'ovazione all'uscita

Il Toro si mangia il gufo e torna a far male

Si è tolto il gufetto dalla spalla: non ne poteva più il povero Lautaro, preso da astinenza da gol. Non segnava dal 5 marzo e l'affanno oramai era un segno distintivo delle sue giocate. Poi, certo, il diavoletto calcistico si stava divertendo anche ieri sera: un gol annullato per una infima spintarella, qualche tiro che non voleva saperne, perfino lo Dzeko un po' annebbiato che non lo serviva più. Però la buona stella ogni tanto ha compassione e, finalmente, ha pensato di illuminare la notte dell'argentino tornato a Milano campione del mondo per poi infilarsi nel grigiore di un comprimario. «Questo gol è tuo» ha indicato il torello campione tra una posa da Hulk e l'urlo a Di Marco che lo ha servito con un cross al bacio per il suo interno destro, a chiudere il conto fra Inter e Benfica.

Vero, la ditta Mkhitaryan-Di Marco aveva lavorato per lui, ma Lautaro è uomo da Champions, ha sempre segnato nei momenti che contano in Europa e contro grandi squadre: Barcellona, Real, Liverpool. Forse non è un caso che siano stati proprio lui e Barella ad aver realizzato le reti decisive per la qualificazione ad una semifinale attesa 13 anni. Ieri è partito con una giocata di suola che voleva mettere tutti di buon umore. Poi ci ha messo del suo nel gol di Barella, con quel dai e vai con Dzeko a dimostrare la bontà calcistica e l'altruismo militante. Ma il gol, solo il gol, poteva restituirgli un sorriso e forse il buon umore che ogni attaccante trova nella palla in rete. Ha atteso e sgobbato, lui con il cuore da capitano: ormai sono cinque le stagioni in nerazzurro e sono quattro i titoli che divide con la Nerazzurra. L'Inter è stata terra di conquista e madre di tutte le sue speranze. La nazionale argentina la culla da cui sbocciare. Pareva, invece, che quel titolo ne avesse annichilito non il talento ma l'istinto del gol. Eppure le reti di questa stagione ad oggi sono diventate 18.

Bottino da cannoniere a momenti alterni. Ma ora Lautaro ricomincerà a guardare lontano. Ieri sono stati 73 minuti di sogno o son desto. E chissà mai se un giorno Lautaro non darà ragione a Hernan Crespo che vede in lui il nuovo Aguero. Un tipo niente male.

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