Le tre mosse del Diavolo. Da "anomala sorpresa" a squadra da battere

La linea rigida del club su mercato e stipendi, la rosa fondata sui giovani e il lavoro di Pioli

Le tre mosse del Diavolo. Da "anomala sorpresa" a squadra da battere

Se persino Gasperini, poco propenso a lodare i rivali, s'inchina dinanzi alla prova maestosa del Milan a Bergamo e ne celebra i migliori requisiti, forse è il caso di pensare che la presenza del Milan lassù in classifica, da anomalia sorprendente, come venne battezzata l'anno scorso, stia per diventare una scomoda realtà con cui fare qualche conto. Perché questa è la vera novità introdotta dal paziente e sapiente lavoro di Pioli, dalle scelte coraggiose, spesso incomprese e processate, in materia di rinnovi contrattuali e dalla guida finanziaria di Elliott tesa a guadagnare il traguardo del calcio sostenibile senza inseguire il vecchio format (stipendi al rialzo, prezzi osceni del calcio-mercato, commissioni ricchissime ad agenti e intermediari), anzi disegnandone un altro, opposto. Intendiamoci: per decollare, il modello ha ancora bisogno dell'ultima tessera, uno stadio nuovo e moderno, capace di produrre benefici economici persino superiori a quelli della partecipazione annuale alla Champions league. Da questa premessa bisogna muoversi per compiere una rapida circumnavigazione intorno a questo nuovo, giovanissimo e ambizioso Milan.

L'età del gruppo squadra è un requisito fondamentale. Ha consentito di resistere - specie l'anno scorso - in condizioni d'emergenza dinanzi a un numero industriale di infortuni (più covid). Addizionata all'esperienza di alcuni senatori (Ibra più Rebic, Kjaer) è diventata la formula vincente. La continuità tecnica, qui intesa come il contributo di Pioli e del suo staff giunti alla terza stagione, ha fatto il resto perché il tecnico - liberato dalle catene della precarietà vissuta in passato - ha dato fondo a tutte le indiscutibili virtù morali e calcistiche per cementare un gruppo motivato, serissimo sul lavoro. A completare l'attuale scenario c'è poi la maturazione di taluni giovani e la scelta di altri talenti, individuati da sconosciuti o quasi: Tonali e Diaz ne sono l'esempio più illuminante, seguiti da Leao per tacere poi di Tomori (riscattato a 28 milioni e giudicato dagli espertoni un prezzo esagerato) che somiglia tanto al primo Thiago Silva di Milanello e di Maignan che ha cancellato la sagoma ingombrante di Donnarumma in poche settimane.

Tutto questo lavoro non avrebbe avuto lo sviluppo registrato se non ci fosse stata la capacità finanziaria dell'azionista di azzerare le perdite provocate dalla gestione cinese e la forza di riportare in sicurezza i conti del club (90 milioni l'ultima perdita d'esercizio senza debiti con banche né bond da rinegoziare), sicurezza testimoniata dall'investimento sul recente mercato di una discreta sommetta (70 milioni). Perciò nemmeno la tormentata vicenda Kessiè («non chiedete a me ma ai dirigenti del Milan» la risposta di Atangana l'agente dell'ivoriano alla domanda sulla trattativa) sembra procurare particolare ansia. E non solo perché l'esplosione di Tonali e la prenotazione di un altro profilo francese (Adli) sembrerebbero garantire il futuro. Ma è l'esito della vicenda Donnarumma che insegna e rilancia la strada maestra.

Se Gigio avesse accettato l'offerta (8 milioni netti per 5 anni più commissione a Raiola), il Milan avrebbe impegnato 100 milioni nei prossimi anni. Con Maignan (per lo stesso periodo) ne ha spesi 20. Si coglie la differenza?

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