Basta un settebello per far tornare il buon umore. Mateo Kovacic ha riassunto per tutti: «Sette punti in tre partite ci hanno fatto tornare in alto nella classifica. Noi siamo l'Inter e dobbiamo stare sempre in Champions». L'Inter va e intanto sogna. Sogna, per esempio, di arrivare al derby in testa a testa con il Milan, magari entrambe più vicine a Juve e Roma. Due conti per spiegare. La gente di Mazzarri ora dovrà andare a Parma. «Trasferta difficile» dice Kovacic. Il passato conferma, ma il presente (del Parma) potrebbe smentire. Poi le toccheranno la trasferta di Coppa con il Saint Etienne, la sfida di San Siro con il Verona e infine il derby in trasferta con il Milan. Visto il trend e, a sentir Mazzarri, il gran gioco che la squadra ha cominciato ad interpretare dalla partita con il Napoli in poi, c'è il tanto per la speranza di restituire al derby la sua nobiltà di classifica, se non di qualità. Realtà dice che il gioco è ancora confuso e molto a sprazzi, Kovacic e Hernanes hanno preso la squadra in mano per portarla in salvo, gli infortuni azzoppano (rientra solo Guarin), il tecnico ora si difende raccontando numeri e statistiche ma non cambia gioco, e il miglior complimento lo ha fatto Miahjlovic. «Noi non meritavamo di vincere, l'Inter sì». Come dire a Mazzarri: per ora resta pure in panchina. I fantasmi si allontanano. Fino a giugno.
Inter che torna al tranquillo instabile: due vittorie e due pari nelle ultime quattro gare non staccano la spina ai fischi. Mazzarri continua a dire di non sentire, poi le telecamere lo pescano in gesti non proprio da sordo. L'idea di non enfatizzare il nome, all'annuncio delle squadre a San Siro, era studiata per evitargli ulteriori stress. L'uomo soffre e non riesce a nasconderlo.
La partita con la Sampdoria ha rinnovato il nervosismo del tifo nerazzurro che, a metà tempo, ha salutato tutti (non solo Mazzarri) con i fischi. Anche se, più tardi, godimento e applausi si sono sprecati al rigore di Icardi. Grazie Samp? Forse. Fra le società corrono buoni rapporti, tanto che Thohir non ha ancora deciso circa le querele contro i tiratori di freccette. Ieri il presidente Ferrero ne ha detta un'altra delle sue: «Non sapevo fosse indonesiano. L'ho scoperto dalla tv». Quindi ha dedotto: «filippino». Thohir probabilmente gli eviterà la querela, non ne è altrettanto certo con Evelina Christillin e il suo sense of humor.
Secondo natura, l'Inter è al centro di tutte le perturbazioni e Thohir continua a ricevere attestati di disistima. Ieri è toccato al tifoso Enzo Iacchetti. Il poverino si è lamentato di non aver più ricevuto la tessera di ingresso gratuito allo stadio. Magari comprarsela? No, vero? E allora Thohir «Non piace più a nessuno. Non mi piace perché non parla italiano, compra una squadra italiana, almeno impari a dire buongiorno e buonasera». E qui ET potrebbe sforzarsi. In soccorso gli è arrivato Beretta, ossequioso presidente della lega di A: «Thohir merita il dovuto rispetto. La sua presenza è un valore per il calcio italiano». Meglio se corredata di sostanza economica. E chissà che il magnate non si rivolga a qualche amico indonesiano (la famiglia Bakrie).
Il 7 novembre l'Uefa studierà conti e progetti nerazzurri. Visti sulla carta, senza nuovi finanziatori, non c'è gran futuro. Difficile non finire nella mani delle banche entro 5 anni. Più facile che la squadra vinca lo scudetto- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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