Uno spray sull’asfalto per trasformare lo smog in sali

Uno spray sull’asfalto, simile a una lacca, si chiama «biofissante», così le polveri si abbattono al suolo. In aggiunta, lo spruzzo provoca una reazione chimica grazie a enzimi e microorganismi che trasformano le particelle velenose in sostanze organiche, ossia compatibili con l’ambiente e non dannose se respirate. È la conversione del Pm10 (ma anche del Pm5 e del Pm 2,5), di quel cocktail micidiale di polveri sottilissime provocate dalle combustioni, da cattivo a innocuo. È la resa del cancerogeno subdolo, quello che si insinua dei polmoni, che si lega al sangue, che mina il cuore. Stroncato, pensate, da una molecola inoffensiva e, in questo caso, molto più potente di lui. L’ultima frontiera della lotta allo smog nasce in laboratorio. In città sono partite due sperimentazioni (due i brevetti per altrettanti sistemi dall’effetto simile). La prima che utilizza il prodotto «Micropan biofix» è appena iniziata nella zona aeroportuale di Malpensa, il nebulizzatore spruzza la sostanza dal duplice effetto, «quello di appesantire le polveri grazie a molecole organiche che si legano per via biochimica agli inquinanti e che impediscono poi a queste ultime di risollevarsi - spiega Dario Bonassi presidente della società Eurovix, biotecnologie per la vita - e quello di attaccare con gli enzimi la struttura molecolare degli idrocarburi aromatici, tra i quali c’è il benzene, che sono inglobati all’interno delle polveri sottili». Il sistema era già stato impiegato con successo 4 anni fa sotto il tunnel di viale Lunigiana e viale Brianza. Fu l’Arpa a certificare il tracollo degli inquinanti, ossia «una riduzione statisticamente significativa della concentrazione media di Pm10 di circa il 19 per cento». Altre sperimentazioni sono state fatte nel tunnel del Monte Bianco, al porto di La Spezia, a Como, a Roma e a Pordenone. Quanto costa? «Quaranta euro per chilometro andata e ritorno - chiarisce Bonassi - Un’incidenza decisamente inferiore rispetto ad altri progetti a lungo termine, tipo la sostituzione dei mezzi inquinanti e delle caldaie». Il secondo brevetto è «Coverlite» messo a punto dai ricercatori di Tecnica sperimentale del Politecnico, dal dipartimento analogo della Sapienza a Roma e da Mauro Bacchi, direttore tecnico dell’omonima azienda di costruzioni stradali. Qui si diffonde un’emulsione a base di ossido di titanio, che con la luce genera un processo naturale di abbattimento degli inquinanti atmosferici: ossidi di azoto e di zolfo, ozono, e altri componenti dei particolati trasformandoli in sali. «Le capacità fotocatalitiche del biossido di azoto sono conosciute da 40 anni - spiega Bacchi - Gli inquinanti si trasformano in sali».

Sono stati trattati con Coverlite il tunnel dei giardini di porta Nuova a giugno e l’autoparco Anas a Rogoredo. «Sta per partire una ricerca regionale molto più estesa per verificare quanto si riduca l’effetto delle polveri» ha anticipato il direttore.

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