la stanza di Mario CerviBisogna insegnare ai giovani professioni adatte al mercato

È un doppio dramma: per i figli che hanno studiato per conseguire un titolo di studio e poi un lavoro sicuro e confacente alla preparazione scolastica ricevuta; per i genitori che si sono sacrificati per farli studiare e ora vedono i figli demoralizzati e senza occupazione e i risparmi sfumati. Ben diversa la situazione per i rampolli delle élites che trovano la via spianata e l'inserimento agevolato in posti di lavoro di prestigio. Il contrasto sta tra questi due estremi e da lì può partire la reazione se non riparte l'economia e non si trovano gli stimoli per aiutare i giovani a inserirsi nel lavoro e nella vita. Chi non vive questa esperienza sulla propria pelle non la può capire, specialmente chi non si decide a fare quelle riforme per sbloccare l'economia da vincoli e rendite parassitarie.
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Caro Monti, per motivi di spazio limito la sua sterminata lettera alle righe iniziali. Nelle quali è peraltro trattato il tema che più mi interessa. Quello dei giovani che dopo avere studiato non trovano un lavoro adeguato alle loro conoscenze, e quello delle famiglie che dopo essersi sacrificate per mandare all'università i figli li vedono in disperata e spesso vana ricerca di un posto purchessia. Le strutture sociali, dettate da una dirigenza politica incapace, hanno di sicuro una grande responsabilità per questa situazione. Non meno grande è, tuttavia, a mio avviso, la leggerezza con cui ragazzi e ragazze sono avviati verso diplomi del tutto inutili perché la società non li richiede. Discipline come Scienze politiche e Legge sono degnissime. Ma il Paese ha bisogno di altre specializzazioni, e spesso non le trova. Se a uno piacciono i temi giuridici scelga pure Legge, ci mancherebbe. Ma se non ha nessuna precisa vocazione e considera la laurea in Giurisprudenza un ripiego, il suo curriculum universitario difficilmente approderà a qualcosa (tranne che, lei lo ha scritto, per i nati bene e i bene ammanigliati nella giungla dei concorsi pubblici).

La laurea attesta che si è seguito un certo corso di studi, non può essere considerata - tranne che per gli eletti di cui sappiamo - la garanzia di un posto qualificato. È amaro dirlo. Ma i giovani e le famiglie devono farsene una ragione, e scegliere di conseguenza.

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