La stanza segreta di Silvio

La Procura accusa Berlusconi di aver offerto doni alle ragazze invitate ad Arcore Possibile. Anzi, noi conosciamo i dettagli. E ve li raccontiamo senza censure

La stanza segreta di Silvio

Il giorno dopo lo scoppio del nuovo, presunto scandalo delle escort, Silvio Berlusconi esce al­lo scoperto. Lo fa con una no­ta pub­blica e alcune conver­sazioni private. Chiunque al suo posto, investito da accu­se che colpiscono e infanga­no non l’imprenditore o il politico ma la persona, avrebbe gettato la spugna. Non in segno di colpevolez­za ma per sfinimento nei confronti della più grande macchina giudiziaria mes­sa in piedi in tutti i tempi e in tutti i luoghi del mondo con­tro un singolo uomo: mille pm all’opera, 2.500 udienze di processi che non hanno prodotto una sola condan­na. E invece ancora una vol­ta non ha intenzione di farsi da parte. Anzi, le battaglie lo esaltano, ci mette la faccia, che non piacerà a tutti ma al­meno non la nasconde co­me fece Gianfranco Fini nei giorni seguenti lo scandalo della casa di Montecarlo. Le agenzie di stampa lo de­scrivono infuriato. Forse lo è, ma al telefono non tradi­sce rabbia o insicurezza, né ha perso il gusto per la battu­ta sdrammatizzante. Re­spinge ogni accusa, è indi­gnato per come un teorema partorito da un magistrato dichiaratamente antiberlu­sc­oniano possa diventare at­to di accusa, per come gli av­voltoi della politica (Fini e Bersani) si siano rialzati in volo per meglio finire una preda, lui, che immaginano ferita e quindi debole. Difen­de la sua vita privata e quella dei suoi ospiti ad Arcore spiati e intercettati come cri­minali comuni. Non si dà pa­ce di come uno Stato, il suo Stato, possa entrare nelle ca­se per curiosare come gli in­quilini passino il loro tempo libero in cerca di eventuali reati. Ci si attacca a una mi­norenne che tale non era nelle fattezze, per sua dichia­razione, e che per altro ha negato e nega di avere avuto alcun rapporto con lui. Cre­do proprio abbia ragione Berlusconi: si indaga e curio­sa con ridicole perquisizio­ni nel sottobosco dello spet­tacolo in cerca del preserva­tivo fumante, si vìolano i computer di private cittadi­ne per scoprire con grande spreco di soldi pubblici quel­lo che tutte le settimane è stampato sui settimanali di gossip, cioè che le ragazzot­te della tv sono a caccia di buone amicizie per fare car­riera. Lo Stato spione, i giudici che infrangono leggi, regole e buon senso. Lo Stato che, attraverso il suo braccio giu­diziario, decide a priori che un regalo fatto a una ragaz­z­a deve essere per forza a pa­gamento di una prestazio­ne, che un aiuto economico è mercimonio. Le poche vol­te che sono stato ad Arcore non sono mai uscito, come chiunque, senza un pensie­ro che il presidente ti offre prima di accompagnarti al­la porta. Una volta ho visto anche la stanza dei regali, dove tutto è ordinatamente diviso per valore economi­co o simbolico. A me sono sempre toccate cravatte. Al­le signore, generalmente, foulard o ciondoli. Non pos­so escludere che qualche si­gnorina più giovane di me e quindi più sfacciata abbia chiesto contanti con la scu­sa della mamma malata e l'affitto da pagare. Se è acca­duto sono certo che nella maggioranza dei casi, cono­scendo Berlusconi, l’imper­tinente ospite sarebbe stata accontentata.

Secondo la Boccassini, questi omaggi sono il corpo del reato, la prova dello sfruttamento della prostituzione. Ha pro­p­rio ragione Massimo D’Ale­ma quando, non sapendo di essere ascoltato, ha detto che «la magistratura è la più grave minaccia allo Stato ita­liano ». E a tutti noi.

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