La storia del «dinosauro» Dc che salta fra banche e politica

Se il buongiorno si vede dal mattino, la nuova giunta Pisapia si vede da Tabacci, primo nome ufficiosamente certo - per quanto possa essere certa qualsiasi cosa riferita a Tabacci, avvezzo a cambiare casacca e travestimento più in fretta di quanto faccia il fenomenale Arturo Brachetti. Il maturo democristiano avrà una superdelega tanto pesante - bilancio e finanze comunali, cioè tutte le partecipazioni e le municipalizzate - da far apparire irrilevante, quasi simbolica la figura del vicesindaco. Quest'ultimo incarico dovrebbe essere affidato a Maria Grazia Guida, direttrice della Casa della Carità di don Colmegna il quale, dopo aver avuto ogni forma di sostegno dalle giunte di Albertini (che gli ha perfino costruito la Casa) e della Moratti, è stato un grande elettore di Pisapia. Una scelta, quella della Guida, dettata da un doppio vincolo politicamente corretto: è donna e cattolica, per giunta tettamanziana di sinistra. Bingo! Ma torniamo a Tabacci. Esponente, per il momento, di Alleanza per l'Italia di Francesco Rutelli, la sua referenza principale è questa: detesta Berlusconi, al punto da perdere il senno e la lucidità quando ne parla, ma non il posto fisso nei talk show antiberlusconiani della Rai. È originario di Questello nella Bassa Mantovana, zona d'elezione per i bolliti. Inevitabile perciò che la sua abitudine alle giravolte politiche, unita allo stato confusionale in cui sembra cadere quando parla di Berlusconi, gli procurasse l'amichevole e simpatico appellativo di «bollito misto». La sua carriera politica comincia nell'85 quando, democristiano di sinistra vicino a Ciriaco De Mita, viene eletto nel Consiglio regionale della Lombardia. Già due anni dopo è presidente della Regione, fino al '91, caduto sul terreno di uno dei tanti scontri fra Craxi e De Mita. Da allora prende a detestare Bettino. E poi Silvio, per la proprietà transitiva. Per compensarlo la Dc lo manda alla Camera nel '92, dove resta fino al '94. Esce a testa alta da uno dei tanti casi di malagiustizia collegati a Mani pulite e nel 2001 viene eletto - udite, udite! - nella berlusconiana Casa delle libertà. Iscritto al gruppo Udc, lo lascia per la brevissima e velleitaria esperienza della Rosa Bianca. Tenta intese e poi regolarmente litiga con Baccini, con La Malfa, con Follini; quindi torna all'Udc per uscirne una seconda volta nel 2009 e passare con l'Api di Rutelli. Ma a palazzo Marino Tabacci aveva già guardato quando, nel 2006, si era candidato alle amministrative, facendo una figuraccia per un ex presidente della Lombardia ed ex parlamentare: appena 1.235 voti. Forse è per questo che il sedicente Terzo Polo, dopo aver pensato di candidarlo come sindaco, gli ha preferito il giovane Manfredi Palmeri. Quindi, non riuscendo ad entrare dalla porta elettorale, Tabacci ora accede a Palazzo Marino dalla comoda finestra della superdelega da superassessore. La scelta di Pisapia, ammesso che sia sua, comunque ha un senso, perché il nostro è uomo del sistema bancario milanese, che, com’è noto ha sostenuto apertamente e con energia la corsa di San Giuliano. Tabacci, infatti, è molto legato a Giuseppe Guzzetti, presidente della Fondazione Cariplo, grande azionista di Banca Intesa Sanpaolo, democristiano di sinistra di lunghissimo corso e presidente della Regione Lombardia dal 1979 all’87, quando divenne senatore, lasciando, appunto, la poltrona a Tabacci. Fu lui, anzi, a volerlo come suo successore. Attraverso Guzzetti e altri collegamenti personali, ad esempio con la Popolare di Milano e Unicredit, Tabacci è il referente del sistema bancario e quindi di quei «poteri forti» sponsor di Pisapia.

È il garante di quei banchieri multimilionari e democratici che fanno la fila alle primarie del Pd. Dal punto di vista suo e della sua maggioranza, questa scelta del neosindaco è quasi doverosa: a quella gente, infatti, deve molto.

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