"Sidewinder a carica atomica": il missile segreto della marina Usa durante la Guerra Fredda

Quando durante la Guerra Fredda nacque l'era dei missili, la marina Usa stava pensado di avere un missile aria-aria, derivato dal famoso "Sidewinder", con carica nucleare

"Sidewinder a carica atomica": il missile segreto della marina Usa durante la Guerra Fredda
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L'avvento del missile è stato sicuramente un game changer per il combattimento aria-aria: d'un tratto un caccia si ritrovava nella condizione di poter colpire un avversario da più lontano rispetto al dogfight effettuato sapendo di contare solo su cannoni e mitragliatrici di bordo.

Tra i primi missili aria-aria, si ricorda il “Sidewinder” (o Aim-9 ma un tempo designato Aam-N-7) entrato in servizio nella U.S. Navy nel 1956. Questo missile era caratterizzato da un sistema di guida all'infrarosso, ovvero la sua testa cercante seguiva il calore del getto di un caccia avversario: qualcosa di rivoluzionario per l'epoca, nonostante le grosse limitazioni dovute al fatto di trovarci agli albori di questa tecnologia.

Il missile ebbe un successo planetario, soprattutto perché uno di essi lanciato da un caccia F-86 di Taipei durante i combattimenti occorsi nella Seconda Crisi dello Stretto di Taiwan (1958), rimase incastrato, inesploso, in un MiG-17 della Repubblica Popolare Cinese: come risultato, un paio di anni dopo, in Unione Sovietica apparve il missile K-13 (o AA-2 “Atoll” in codice Nato), ovvero la copia del “Sidewinder” costruita grazie a tecniche di retroingegneria.

La popolarità del missile, e il concetto stesso di un nuovo scenario in cui si combatteva nei cieli armati solo di missili (la guerra in Vietnam poi lo smentirà), portò gli Stati Uniti a pensare di poter armare i missili aria-aria anche con cariche nucleari: l'Air-2 “Genie”, che era però un razzo non guidato e non un vero e proprio missile, aveva una testata nucleare da 1,5 kilotoni per spazzare via dai cieli i bombardieri strategici sovietici intercettati nel cielo del Nord-America durante un possibile conflitto tra superpotenze. Questo vettore, lanciato da caccia intercettori come l'F-106 “Delta Dart”, è rimasto in servizio nell'U.S. Air Force dalla sua comparsa, nel 1957, sino al 1985.

Anche la U.S. Navy, però, voleva qualcosa di simile pensando di poterlo usare per intercettare e colpire i bombardieri sovietici che si avvicinavano al territorio statunitense. La marina Usa, infatti, nel 1956 stava valutando nuovi tipi di missili aria-aria che potessero essere sviluppati proprio a partire dal “Sidewinder” e che avrebbero garantito prestazioni migliori e una probabilità di distruzione superiore.

Così alla Naval Ordnance Test Station di China Lake, California, iniziarono gli studi per quello che inizialmente era stato soprannominato “Super Sidewinder” e presto ribattezzato “Diamondback”.

Questo nuovo vettore avrebbe dovuto volare più lontano e più velocemente del suo predecessore, progettato per sprigionare una velocità di Mach 1.7 e arrivare a una distanza fino a tre miglia: il “Diamondback” avrebbe viaggiato a più di Mach 3 con un'autonomia, dato da un rivoluzionario motore a propellente liquido a 2 stadi, di 15/20 miglia (24/32 chilometri). La caratteristica più sorprendente, però, è che il missile avrebbe avuto una testata nucleare a bassa potenza, sviluppata dalla Divisione Armi Speciali di China Lake, da 0,75 kilotoni, ovvero la metà di quella del missile “Genie”. Il “Diamondback” poi avrebbe utilizzato un sistema di guida a doppia modalità, con un seeker a infrarossi (come il “Sidewinder”) unito a un radar a ricerca passiva. Il vettore poi, ovviamente, era anche sensibilmente più grosso rispetto all'Aim-9: lungo 3,76 metri con un diametro massimo di 30 centimetri per un peso di 390 chilogrammi.

Insomma, se fosse entrato in servizio, la U.S. Navy avrebbe avuto un missile aria-aria capace di intercettare i bombardieri sovietici a grande distanza (15 miglia ottimali) e di abbatterli con un solo colpo, senza dover effettuare un'intercettazione ravvicinata “dal settore di coda”, come si usa nel classico dogfight per poter utilizzare i cannoni o i missili a guida infrarossa.

Da quello che sappiamo i primi test del “Diamondback” e gli studi di fattibilità furono tutti positivi, ma il progetto venne abbandonato abbastanza in fretta: nel 1958 ogni ulteriore sviluppo fu interrotto, e il missile finì nel dimenticatoio. Probabilmente la U.S. Navy si rese conto che un simile vettore aveva poco valore dal punto di vista operativo considerando che la U.S. Air Force aveva il peso maggiore della difesa del territorio nazionale, ma forse anche perché pensava – giustamente – di poter continuare a usare i caccia e relativi missili tradizionali per poter espletare le proprie missioni di proiezione di forza aeronavale.

La crescente minaccia dei missili da crociera aviolanciati a lungo raggio sovietici, anche a carica nucleare come il Kh-22 (o As-4 “Kitchen” in codice Nato), portò comunque la marina statunitense verso la progettazione di missili

a lungo e lunghissimo raggio a guida radar attiva (e semi-attiva) capaci di colpire anche “oltre la linea di visuale”. Percorso che culminò, come sappiamo, nell'oggi compianto Aim-54 “Phoenix”, ma questa è un'altra storia.

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