«In strada è un pericolo, il pirata vada in cella»

Dure accuse del magistrato: «Due anni fa gli era stata sospesa la patente. E l’altra notte probabilmente si era drogato»

da Roma

Guidava ubriaco, gli era già stata ritirata la patente nel 2005 e forse aveva perfino assunto droga prima di falciare le due turiste irlandesi che stavano attraversando sulle strisce sul Lungotevere degli Altoviti. Tre motivi sufficienti, secondo il Gip Luisanna Figliola, per accogliere la richiesta di custodia cautelare in carcere chiesta dal pm Andrea Mosca nei confronti di Friedrich Vernarelli, il trentaduenne che la notte tra lunedì e martedì ha investito e ucciso Anne Elizabeth Gubbins e Mary Clare Collins in vacanza a Roma. Da ieri il giovane, che inizialmente aveva ottenuto i domiciliari, si trova nel carcere di Regina Coeli con l’accusa di omicidio colposo plurimo, omissione di soccorso e guida in stato di ubriachezza. Davanti al giudice il pirata della strada ha ammesso le sue responsabilità. «Il carcere era quello che Friederich aveva chiesto e che noi volevamo», ha commentato il padre Roberto.
Sulla decisione del Gip ha pesato il pericolo di reiterazione del reato e il fatto che l’investitore, dopo l’arresto, presentasse «pupille miotiche», circostanza che potrebbe far supporre l’assunzione pregressa di sostanze stupefacenti. «Dalla certificazione del pronto soccorso - si legge nel provvedimento - risulta che Vernarelli era totalmente cosciente, anche se lui sostiene il contrario». Il giovane si è comunque rifiutato di sottoporsi all’analisi delle urine. «Ha dichiarato, che non lo riteneva utile in quanto, a suo dire, l’accertamento sulla probabile assunzione di stupefacenti poteva acquisirsi attraverso quello del sangue», si legge nel fascicolo del Gip. Ma è impossibile che un uomo di 33 anni, giornalista, non sappia che le analisi del sangue non sono utili per accertare di aver preso droga. Al giovane, inoltre, il 20 aprile 2005 fu sospesa la patente per eccesso di velocità. «Friederich aveva questo vizietto, mi ricordo la sua passione per le moto potenti, ma da un po’ girava sempre in Mercedes», commenta Luigi, condomino della famiglia Vernarelli.
«Sono andato in un pub a San Lorenzo - ha raccontato al Gip Figliola l’imputato -, ho bevuto alcuni drink, cosa che in genere non faccio, e lì ho conosciuto due inglesi. Sono saliti con me in auto perché volevano un passaggio, abbiamo girato un po’ per la città e, quando abbiamo sentito il botto, siamo scesi, ma loro sono fuggiti. Ero confuso, ho capito di aver fatto qualcosa di grave, e preso dal panico sono fuggito». La Procura, però, non è in grado di individuare le due persone che sarebbero state a bordo della Mercedes. Inoltre secondo l’accusa Vernarelli non avrebbe frenato, anzi si sarebbe fermato molti metri dopo l’impatto con i corpi, per poi ripartire a tutta velocità. «Nel prosieguo della corsa ha provocato altri due gravi incidenti - aggiunge il Pm - e si è fermato solo dopo aver centrato un’auto parcheggiata in via Virgilio, solo perché la sua vettura era danneggiata». Il carcere, ritenuto giusto anche dai familiari del pirata, è un’esagerazione per il suo difensore.

«Non sussiste il pericolo di fuga - dice l’avvocato Giovanni Marcellitti -, il mio assistito ha un domicilio stabile a Roma, una famiglia e un’attività lavorativa e non sussiste il pericolo di inquinamento delle prove».

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