Stuprata in strada da un magrebino mentre va al lavoro

Milano, la vittima, 40 anni, fa l’infermiera in un ospedale: è stata violentata per oltre un’ora

da Milano
Per un tempo interminabile è rimasta in balia di un bruto che l’ha ripetutamente violentata, minacciandola con una pietra. Poi la fine dell’incubo, lui si allontana senza dire una parola, lei torna a casa e come prima cosa si lava ripetutamente, per liberarsi di tutta la «sporcizia» che quell’uomo le ha buttato addosso. Infine alza il telefono e chiama il 112 facendo scattare le solite procedure: la visita medica, le domande degli investigatori, le ricerche del bruto.
Una brutta storia sviluppatasi approssimativamente tra le 6 e le 8 del mattino, in quella specie di «giungla» che ha preso il posto dell’ex stazione di Porta Vittoria. I vecchi edifici sono stati infatti abbattuti qualche anno fa e sul terreno è cresciuta una rigogliosa vegetazione che mette chiunque al riparo da sguardi indiscreti. È l’alba, Maria (solito nome inventato) si è appena alzata. Le tocca il turno mattutino in ospedale. I carabinieri non hanno voluto precisare quale, né la qualifica della signora, come del resto altri particolari sulla sua vita, per impedire una facile identificazione. Si sa solo che è una tranquillissima madre di famiglia che abita poco distante dal luogo dell’aggressione.
Maria sbriga in fretta le solite cose, poi alle 6 è già in strada diretta verso la fermata del mezzo che la porterà al lavoro. Imbocca viale Umbria, stradone semicentrale, zona est di Milano. Incrocia una uomo dagli evidenti tratti nordafricani, 35-40 anni, jeans e maglietta scura. L’uomo le borbotta qualcosa, forse una richiesta di informazioni. Ma la signora fa finta di non capire e tira diritto. Il magrebino le si mette alle costole, lei allunga il passo, inutilmente: lui accelera e con due balzi le è addosso. Le sbarra la strada e raccoglie una grossa pietra da terra. Quindi la afferra per un braccio e la trascina verso l’ex stazione. L’area sarebbe anche circondata da una recinzione metallica, ma questa purtroppo più che impedire l’accesso - è abbattuta in più punti - preclude la visuale a chiunque passi lungo la strada. E poi c’è quella fitta vegetazione che, fatti pochi passi, diventa una seconda barriera «protettiva».
Il magrebino non fa molta strada: 5, forse 10 metri al massimo, quindi la butta a terra roteando il pietrone sopra la testa e accompagnando il gesto già eloquente, con le solite frasi: «Se strilli, t’ammazzo». Poi la violenza. Ripetutamente. Tra un’aggressione e l’altra lui rinnova le minacce, tenendola a terra con un ginocchio puntato al petto. Difficile dire quanto durino le violenze. La donna è confusa, scossa, tremante. Ricorda solo che l’uomo, finalmente appagato, le strappa cellulare, catenina e 20 euro, quindi con due balzi scompare dalla sua vista. Lei si rialza, torna a casa, si lava, e quando chiama i carabinieri sono già circa le 9. Un equipaggio va a prelevarla, la accompagna alla clinica ginecologica Mangiagalli dove viene visitata, accertando lo stupro, medicata e dimessa: non ha fortunatamente riportato grossi danni «fisici».
Poi l’interrogatorio da parte dei carabinieri, con la povera donna costretta a rivivere più volte il suo dramma. Un passaggio doloroso ma necessario ai militari per cercare di identificare il bruto. La donna ripete meccanicamente, quasi in tranche quel che le è successo, fruga nella memoria in cerca di particolari, ma non va oltre la generica descrizione del magrebino tipo.

I carabinieri iniziano comunque una serie di battute nelle zone frequentate da extracomunitari, partendo ovviamente dalla stazione Centrale che, come in molte città italiane, è ormai una sorta di suck mediorientale. Provano anche a chiamare il cellulare della donna, che però risulta «non raggiungibile». La caccia non si ferma però, e nelle prossime ore potrebbero esserci importanti novità.

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