Stupro, è caccia al terzo uomo Dna sui parenti di un carcerato Le indagini arrivano a Bucarest: si cerca Ciprian, il monco con tre dita indicato dalla ragazzina. Uno degli arrestati: «Ho un alibi». Ma resta in cella

RomaRipartono dalla Romania le indagini sullo stupro della Caffarella. È a Bucarest, infatti, che due agenti della squadra mobile stanno dando la caccia al terzo uomo.
Dopo la conferma che non appartiene ai due romeni in carcere il Dna trovato sulla ragazzina violentata in un parco a Roma il giorno di San Valentino, le ricerche si concentrano sul terzo sospetto, certamente il personaggio più misterioso di questa vicenda, forse proprio l’uomo senza tre dita che fu tra i primi ad essere riconosciuto in foto dalla quindicenne l’indomani dell’aggressione e che probabilmente Alexandru Loyos Iszoika, 20 anni, - che prima si è attribuito la responsabilità dello stupro tirando in ballo il connazionale Karol Racz, 36 anni, e poi ha ritrattato - sta coprendo. Ma Ciprian C., 22 anni, originario di Botosani, era subito uscito di scena perché la polizia romena aveva suggerito ai colleghi italiani che il giorno della violenza si trovava in Romania. Secondo il giornale romeno Cotidianul, che cita fonti investigative, Ciprian sarebbe invece «partito alla volta di Roma in pullman due giorni prima dell’aggressione». Se così fosse potrebbe essere stato alla Caffarella il 14 febbario. E questo smentirebbe la versione ufficiale, aprendo nuovi scenari.
Una pista tra le tante, quella del «monco». Ma è dalla banca del Dna romena, dove vengono custoditi i codici genetici di tutte le persone con precedenti penali, che gli investigatori inviati a Bucarest si aspettano qualche risposta più precisa. Confrontando i profili genetici ricavati dalla scientifica sui reperti sequestrati alla Caffarella con i dati qui conservati, gli agenti della Mobile sperano di attribuire un nome al Dna in loro possesso. Anzi un nome già ce l’hanno. È quello di un detenuto in carcere a Bucarest il cui cromosoma Y coincide con quello isolato sul luogo della violenza, ma che certamente non poteva essere a Roma il giorno dello stupro. L’uomo appartiene ad una famiglia di pastori zingari composta da diverse decine di persone, tra le quali potrebbe esserci lo stupratore. Il cromosoma Y, infatti, viene tramandato invariato di padre in figlio ed è uguale per gli appartenenti maschi ad uno stesso ceppo familiare. Quindi l’autore della violenza potrebbe essere un fratello, un figlio, un cugino. Gli investigatori ascolteranno il detenuto in carcere per chiedergli notizie dei suoi familiari, mentre la polizia romena sta già effettuando i test del Dna «a tappeto» sui suoi parenti.
Racz, intanto, raggiunto due giorni fa in carcere da un’ordinanza di custodia cautelare anche per un altro stupro, quello di una quarantenne violentata nel quartiere Primavalle alla fermata dell’autobus, è stato interrogato dal gip Silvia Castagnoli. Anche in questo caso, come per la Caffarella, ha respinto ogni accusa: «Non c’entro nulla con questa violenza». Ha detto di avere un alibi e avrebbe fornito nomi e circostanze che lo scagionerebbero. Il giudice non gli ha creduto e ha confermato gli arresti motivando la misura restrittiva con il pericolo di fuga e di reiterazione del reato. Racz era stato riconosciuto in foto dalla vittima, ma non con certezza assoluta.

«Non l’ha riconosciuto, ha solo detto che Racz somiglia ad uno dei suoi aggressori, che avevano entrambe il volto coperto da un cappuccio», puntualizza il suo avvocato, Lorenzo La Marca, il quale lo descrive come una «persona serena, mite, che si accontenta di poco, con valori quasi medioevali».

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