Sui giudici Silvio si sfoga con Obama

Capisco che la tentazione di richiamare postumamente in servizio Indro Montanelli - quando le vicende nazionali innescano polemiche furibonde - è grande. Ma ritengo che ad essa i personaggi di grosso calibro della vita italiana dovrebbero resistere. Invece ci cascano spesso e volentieri.
In una intervista di ieri a Repubblica - in più d’un passaggio apprezzabile - Cesare Romiti s’è posta la domanda che troppe volte ricorre. «Mi sono chiesto spesso e mi chiedo che cosa direbbe Indro Montanelli di fronte allo spettacolo cui stiamo assistendo. Ancora più grave in una città come Milano, ricca di cultura, di intellettuali, di icone della moda». A questo punto l’intervistatore Alberto Statera ci mette del suo: «Certo (Montanelli) non si turerebbe il naso».
Ma che bravi, tutti, a immaginare e spiegare cosa Montanelli farebbe e direbbe se fosse posto di fronte a quel fatto epocale che è il duello tra Letizia Moratti e Giuliano Pisapia per la poltrona di Palazzo Marino. Io sono molto meno sicuro del fatto mio. Anche perché ci sono stati tanti Montanelli, in novanta e passa anni intensissimi, ma gli arruolatori d’oggi non steccano mai nel sceglierne uno solo, il Montanelli che aveva litigato con Berlusconi e che se n’è andato furibondo dal Giornale. Evidentemente si presume che starebbe dalla parte di Pisapia, e che si scaglierebbe contro Letizia Moratti. In questo associandosi a Giulia Maria Crespi, l’ex zarina del Corriere, molto impegnata nell’attestare in questi giorni il suo impegno antiberlusconiano.
Ma l’altro Montanelli vogliamo proprio scordarcelo? Proviamo a sfogliare I conti con me stesso, 25 marzo 1972. «Milano è in fiamme per l’affare Feltrinelli, e Ottone mi chiede un articolo contro la Cederna, firmataria di un manifesto in cui, a due ore di distanza dal rinvenimento del cadavere e prima ancora che esso sia ufficialmente riconosciuto, proclama che Feltrinelli è rimasto vittima della reazione internazionale. Se Camilla avesse una testa direi che l’ha persa. Ma perché Ottone vuole un articolo contro di lei, intima amica e direttrice di coscienza di Giulia Maria nonché regina del suo sinistrorso salotto...? Faccio l’articolo in forma di “Lettera a Camilla”». 27 marzo, altre notazioni di Indro. Il pezzo sulla Cederna, cattivissimo, ha suscitato un putiferio. «Giulia Maria mi dicono che schiuma di rabbia. Se è vero devo riconoscere che il giornalismo qualche soddisfazione la dà. Umberto Eco mi attacca riproducendo una mia frase di ammirazione per Mussolini scritta quando avevo ventidue anni».
Potrei insistere nelle citazioni, ma ci rinuncio per non incorrere nel peccato che rimprovero ai riesumatori di Montanelli. I quali procedono con selettività rigorosa nei loro ricordi e rimpianti, amano ormai, lo ripeto, un solo Montanelli. L’altro. Non questo da cui ho preso in prestito qualche frase di diario - sempre d’un italiano sfolgorante, non gli riusciva di scrivere male nemmeno dando istruzioni alla cameriera per la spesa - che veniva coperto allora d’invettive. Perché reazionario, perché insensibile alle spinte ideali dei giovani, perché incapace d’apprezzare le inedite pulsioni progressiste della borghesia milanese.

Quelle che un tempo la zarina interpretava alla sua maniera regale e che si vuole trovino una versione moderna nello stile educato di Pisapia. Siamo proprio sicuri che a Indro una sciura un po’ legnosa ma risoluta come Letizia Moratti sarebbe dispiaciuta? Non mi pongo la domanda perché non ho la risposta. Almeno per il presente. Per il passato, carta canta.

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