Ma sulla finanziaria la fiducia l’hanno chiesta tutti

RIMEDIO Fin dagli anni ’70 l’ostruzionismo e i ricatti dell’opposizione rendono la misura irrinunciabile

L’affermazione di Gianfranco Fini, presidente della Camera secondo cui il ricorso alla fiducia sulla legge finanziaria sarebbe «deprecabile» è priva di fondamento, sulla base della nostra Carta costituzionale e dal punto di vista della finanza pubblica in generale e soprattutto in questo particolare periodo, in cui il problema del debito pubblico della Grecia ha generato la caduta del corso dell’euro. Innanzitutto va tenuto presente che la legge finanziaria, dal punto di vista costituzionale, è solo una legge minore, di aggiustamento della legge annuale di bilancio, che secondo l’articolo 81 della Costituzione è un documento fondamentale nella vita del governo e dello Stato. Ora se è vero - qui Fini ha perfettamente ragione - che i governi non debbono abusare del ricorso alla fiducia, sopprimendo il dibattito parlamentare, è anche vero che l’approvazione del bilancio è il fatto politico più importante che riguarda il governo nel suo rapporto con il Parlamento. Ed è proprio su ciò che è appropriato porre la fiducia.
Ai consulenti di Fini che gli hanno suggerito questo svarione non sarà sfuggito che la legge di bilancio è una legge solo in senso formale, perché il suo contenuto è un bilancio, non un insieme di norme. La ragione per cui essa, nella democrazia parlamentare, è una legge è proprio quella di consentire al Parlamento di dare al governo l’autorizzazione a esercitare il potere finanziario di prelevare le imposte stabilite dalla legge e di spenderle, nell’interesse della collettività, che i parlamentari rappresentano. Porre la fiducia su questo documento significa chiedere al Parlamento se la sua maggioranza crede o no nel suo governo. È l’atto principale per cui sono in effetti sorti i Parlamenti. È proprio il momento giusto per il voto di fiducia.
Storicamente i governi cadevano o reggevano, in relazione alla legge di bilancio. Sin qui lo schema costituzionale finanziario. Va aggiunto però che esso è stato manipolato, nel 1978, nell’epoca della solidarietà nazionale, introducendo il trucco di una legge finanziaria, prima della legge di bilancio, che deroga in modo surrettizio all’articolo 81 della Costituzione che prevede che con la legge di bilancio non si possono stabilire né nuove spese né nuove entrate. L’articolo 81 voleva impedire che la discussione del bilancio diventasse una palestra parlamentare per aumentare la spesa pubblica, in deficit o con aggravi del contribuente. Ciò con una specie di ricatto al governo consistente nel dirgli: se tu non mi voti queste nuove spese, io non ti voto il bilancio.
Ebbene, con legge finanziaria non solo si possono votare le nuove spese, lo si può fare anche senza copertura perché nell’articolo 1 della legge finanziaria si vota il disavanzo da finanziare con debito pubblico, che diventa mezzo di copertura delle nuove spese. I governi successivi a quelli di solidarietà nazionale fra comunisti e democristiani decisi a tutto pur di stare al potere, hanno dovuto fare ricorso sistematicamente alla fiducia per fare approvare la legge finanziaria prima del 31 dicembre, perché l’opposizione aveva inventato una nuova specie di ricatto: migliaia di emendamenti da discutere per costringere la maggioranza a non votare il bilancio dell’anno successivo che essa voleva, nel tempo stabilito dalla Costituzione, cioè il 31 dicembre e andare al cosiddetto «esercizio provvisorio», cioè al governo senza bilancio approvato, ciò che comporta perdita di credibilità finanziaria. Il ricatto era: se ci approvi questi emendamenti, noi ritiriamo tutti gli altri.
Il governo, ponendo la fiducia, faceva e fa decadere tutti gli emendamenti e sfugge al ricatto, difendendo il suo bilancio dagli assalti di chi lo vuole appesantire. Mentre Fini faceva le sue osservazioni, il cambio dell’euro cadeva perché la sfiducia nel debito pubblico greco induceva la finanza internazionale a guardare criticamente i bilanci pubblici degli Stati dell’euro. Votare la fiducia al nostro bilancio, al più presto, è anche un mezzo per dimostrare che il nostro deficit rimane contenuto nei prudenti limiti già approvati in sede europea.

E che il governo è saldamente in sella ed è pienamente in grado di stroncare ogni assalto alla diligenza, interno o esterno. Ma prima o poi bisognerà riformare il sistema, per dare alla nostra legge di bilancio quella serietà fiscale che con la trovata della legge di bilancio le è stata tolta.

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