Cracovia - Ci risiamo. Forse era anche inevitabile nelle more del quarto di finale con l’Inghilterra che può trasformare il panico da biscotto in una cavalcata straordinaria verso la semifinale di Varsavia. Solo qualche giorno fa registrate in sala stampa domande sul probabile fallimento, poi evitato; adesso il termometro segnala entusiasmo a mille ed ottimismo sfrenato. «Siamo i soliti italiani» il commento di De Rossi da sottoscrivere: passiamo da un eccesso all’altro. Nell’attesa che i tabloid inglesi comincino a mordere le caviglie di Balotelli, ecco allora il nuovo caso che spunta nelle viscere del club Italia.
La strana coppia, i due matti del gruppo per intendersi, Cassano e Balotelli, stanno per diventare come Mazzola e Rivera ai bei tempi andati del calcio italiano. Non per loro esplicita responsabilità, sia chiaro, ma perché intorno alle loro sagome, ai loro difetti caratteriali e alle loro discusse perfomances, si sono coalizzati due partiti con relativo seguito di media. Chi sta col barese e chi col bresciano, chi segnala il decisivo sigillo di Fantantonio contro l’Irlanda, più continuo, più maturo e anche più responsabile anche se protagonista a fari spenti delle solite reazioni incontrollate (dai fotografi, lasciati in pace, qui a Cracovia, si è dedicato ai cronisti che pedinano, per lavoro, moglie e fidanzate) e chi invece ha un debole per Mario, descritto come isolato rispetto al resto della compagnia azzurra.
E se poi nelle ore di libertà va in giro da solo o con qualche aspirante fidanzata arrivata all’Italia, non è colpa di nessuno. È la Nazionale, bellezza, verrebbe da aggiungere. Con la partecipazione decisiva di giornali e giornalisti e anche di un po’ di geo-politica. Perché ad esempio il Corriere dello Sport esalta, con qualche buon motivo, il ruolo decisivo esercitato dal pibe di Bari («Cassano unisce, Balotelli divide» il titolo didascalico), mentre la Gazzetta dello Sport si dedica a consolare il ragazzo del City («io Balo da solo» il titolo rosa) e a difenderlo dagli artigli della critica.
Forse, nell’albergo di Wielickza, periferia di Cracovia, a provocare qualche malumore, sono proprio le domande in numero industriale che piovono durante le conferenze: l’Italia affronta alla pari la Spagna ma tutti si occupano del flop di Balotelli, rimpiazzato con efficacia da Di Natale; la Nazionale mette sotto la Croazia per 60 minuti lasciandosi raggiungere più avanti, ma il dibattito è riservato alla sostituzione del ragazzone, la seconda consecutiva e alla voglia di sostituirlo contro l’Irlanda.
Balotelli, solo Balotelli, fortissimamente Balotelli, argomento scontato all’ordine del giorno, qualunque cosa accada. Persino Antonio Cassano che pure ha un passato invidiabile da testa calda, durante il famoso show rovinato dalla scivolata sui gay, a un certo punto, cominciò a stizzirsi. «Ho capito, qui si parla di Balotelli e basta» la sua chiosa alla decima domanda sui rapporti con Mario, chiosa condivisa da molti altri esponenti del gruppo. Di qui la teoria dello spogliatoio azzurro trasformato in un tribunale del popolo pronto a processare il ragazzo, aiutato solo da Bonucci che gli tappa la bocca, da Nocerino che lo sta ad ascoltare, da Albertini, capo-delegazione, che gli parla da amico e Prandelli che lo tiene a rapporto. Cominciano a essere più di uno. E allora di quale isolamento parliamo?
Certo Daniele De Rossi, che è un giovanotto, ora maturo come un senatore, abilissimo nel parlare oltre che nel giocare a pallone facendo tutti i mestieri possibili, è uno che non usa lo zucchero filato. «Mario è un ometto, ha 22 anni, deve essere trattato come tutti gli altri e non in modo speciale. Io, ai mondiali di Germania, dopo la gomitata, non ho ricevuto un occhio di riguardo. Certe esperienze rinforzano il carattere» è la sua idea. Se Cassano somiglia, calcisticamente, più a Gianni Rivera, e non solo per il numero che ha sulla schiena qui all’europeo, Balotelli può passare per Sandro Mazzola, a parte l’affinità interista? La risposta è naturalmente no. E non solo perché i due, invece di concorrere per un solo posto, come a Messico ’70, sono compatibili.
Anzi per certi versi si completano dal punto di vista squisitamente tecnico. Ma il punto è uno solo, alla fine. Se i due viaggiano a pieno regime di gol e di magie, allora quest’Italia maltrattata e scombiccherata, può persino saltare l’ostacolo inglese e presentarsi a Varsavia al cospetto dei tedeschi, in semifinale.
L’importante è che non finisca come tra gli indimenticabili maestri Gianni Brera, spietato censore dell’abatino Rivera, e Gino Palumbo, poco incline ad accettare la scelta di Mazzola nel ruolo di rifinitore del gioco d’attacco. Una domenica delle tante, a Brescia, si incrociarono in tribuna stampa e si presero sportivamente a pugni.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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