Tante le «vetrine» per i nuovi autori

Di fronte all’impertinente proliferare di debutti ed eventi teatrali che caratterizza la scena capitolina di questi giorni, si corre il rischio di provare un certo disorientamento. Perché, se da una parte va ovviamente bene proporre al pubblico rassegne attente al «nuovo» e spettacoli di «fine stagione» anche molto pregevoli, dall’altra bisognerebbe forse evitare di sovrapporre le date di iniziative per molti versi simili e allungare la tenitura di lavori che appaiono e scompaiono come meteore.
Dopo le repliche di Marlene, prosegue al femminile la programmazione del Quirino che punta ora su un’attrice mediterranea come Mariangela D’Abbraccio, protagonista de La rosa tatuata di Tennessee Williams in una messinscena firmata da Francesco Tavassi su adattamento e traduzione di Masolino D’Amico. Avvicinabile, per temperamento e passionalità, ad Anna Magnani (che con l’omonimo film del ’79 si aggiudicò l’Oscar), la D’Abbraccio si ritrova alle prese con Serafina, una siciliana doc trapiantata negli Stati Uniti che vive nell’ossessivo ricordo del marito defunto e che difende strenuamente l’onore suo e di sua figlia. Finché, in questo universo di pulsioni ataviche e di codici morali rigidi, non irrompe un camionista conterraneo, qui interpretato da Paolo Giovanucci (da questa sera). Sempre di donne parla il curioso lavoro di Giorgio Amitrano Chie-Chan e io che, ispirato all’ultimo romanzo di Banana Yoshimoto, approda sempre oggi al Piccolo Eliseo. Vi si racconta la storia di un rapporto tra due cugine, Kaori (la protagonista)e Chie-Chan, intessuto su una forte dipendenza affettiva e su un’esistenza appartata che, malgrado una sfera professionale quanto mai dinamica (Kaori lavora in una boutique e viaggia spesso tra Tokio e Milano), estromette qualsiasi bisogno di famiglia e di relazione con gli uomini. «Il libro della Yoshimoto - spiega il regista - è un testo enigmatico. Attraverso il racconto di un incidente d’auto, la scrittrice giapponese sviluppa un discorso sul tema del desiderio, o meglio, sul conflitto tra desideri materiali e desideri dell’anima».
Alla rivoluzionaria e tagliente originalità di Martin Crimp si affida poi la romana Accademia degli Artefatti che da domani porta a India uno spettacolo molto particolare. Composto di 17 microdrammi e intitolato Attemps on her life («Attentati alla vita di lei»), questo lavoro diretto da Fabrizio Arcuri è un vero e proprio manifesto del teatro di Crimp: fatta piazza pulita delle convenzioni drammaturgiche più ovvie, l’autore inglese ci regala personaggi, voci, «funzioni», battute. Forse non ci sono storie né epiloghi. Ma la sensazione più forte è che comunque qui si parli di noi, degli orrori odierni, del fastidio del quotidiano, dei rischi della nostra epoca.


Vi consigliamo poi di tenere d’occhio la rassegna «Teatri di vetro», in corso al Palladium e «dintorni», e quello della vetrina siglata Eti "Teatri del tempo presente" (suddivisa tra Valle e Palazzo Altemps). Restando in zona di ricognizioni giovanili, date infine uno sguardo pure ai titoli proposti dall’Argot in seno ad «Argomentando. Nuovi linguaggi di scena».

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