Tasse locali, Milano la più esosa: 2mila euro a testa

I valori più bassi si registrano al Sud, con i 647 euro di Enna. A pesare maggiormente i tributi regionali, che coprono il 56% del totale

da Milano

A vederli così, nero su bianco, nel freddo e spietato linguaggio della contabilità, stupisce come gli italiani riescano ancora a fare fronte alla pressione tributaria locale. Sono di ieri infatti gli ultimi dati rilevati dall’Ufficio studi della Cgia, l’associazione artigiani e piccole imprese di Mestre, che monitorano l’entità delle tasse imposte da Regioni, Province e Comuni. Risultati? Ogni italiano, in media, paga agli enti locali quasi 1.500 euro. Come a dire, lo stipendio di un impiegato di buon livello. Ma, proprio perché parliamo di media, viene da chiedersi quanto debba guadagnare un milanese per potersi permettere di pagare i 2.016 euro messi insieme fra tributi regionali, comunali e provinciali. Il capoluogo lombardo è infatti il più tartassato da questo punto di vista, anche se è in buona compagnia. A brevissima distanza seguono Pavia (1.947 euro), Roma (1.940) e Bologna (1.929). Va decisamente meglio all’estremo della penisola, con Enna e Ragusa che occupano le ultime posizioni di questa poco confortante classifica, rispettivamente con 647 e 653 euro per ogni residente.
Insomma, si tratta di un’Italia letteralmente divisa in due, con le regioni del Nord e del Centro sottoposte a una pressione tributaria generalmente sopra la media nazionale e quelle del Sud che riescono a barcamenarsi restando sotto la soglia dei 1.300 euro. In linea di massima la divaricazione trova conferma anche nello scostamento registrato rispetto al 2005, sebbene gli estremi si invertano: sono i leccesi quelli che hanno visto aumentare maggiormente il carico tributario pro capite (+284 euro), mentre un sollievo devono averlo provato gli abitanti di Perugia e Modena, che hanno pagato, rispettivamente, ben 165 e 138 euro in meno rispetto al 2005.
La pressione più forte viene dai tributi regionali, che incidono per il 55,8% del totale, seguiti da quelli comunali (38,5%) e provinciali (5,6%). Dunque, ciò che pesa maggiormente è la somma di Irap, quota Iva, addizionale regionale sull’Irpef e compartecipazione sulle accise della benzina, di competenza della Regione, subito seguite da Ici, addizionale comunale Irpef e tassa sui rifiuti, che spettano al Comune. Decisamente in secondo piano l’incidenza di imposta sull’Rc auto, addizionale Enel e imposta di trascrizione, fonti di gettito della Provincia.


Davanti a cifre del genere, con i chiari di luna che corrono, non consola un granché il fatto che, come fa notare Giuseppe Bertolussi, segretario generale della Cgia, «a tasse più alte corrispondono, almeno in teoria, servizi migliori e che le tasse sono più elevate dove i livelli di reddito sono più elevati». Un salasso resta sempre un salasso.

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