Digital market act, così l’Ue vuole arginare il potere delle Big tech

Entrato in vigore il primo novembre, il pacchetto di leggi Ue impone obblighi ai giganti del tech. Ecco cosa è il Digital market act e quali obiettivi si prefigge

Digital market act, così l’Ue vuole arginare il potere delle Big tech

Entrato in vigore il primo novembre del 2022, il Digital market act sarà applicato a titolo definito tra sei mesi, ossia a partire dal 2 maggio del 2023 con l’obiettivo ultimo di favorire la concorrenza e la nascita e lo sviluppo di altre realtà del comparto digitale.

Un insieme di leggi collegate al Digital service act, le norme sulla trasparenza in materia di moderazione dei contenuti, il pacchetto di leggi del Digital market act si concentra soprattutto sulla volontà di scongiurare monopoli, oligopoli e condotte di mercato anticoncorrenziali.

Cosa è il Digital market act

Il Digital market act è un regolamento a cui si deve assoggettare chiunque voglia lavorare in Europa. Si erige attorno al concetto di gatekeeper, ossia quelle aziende che nel corso degli ultimi 3 anni hanno realizzato almeno 7,5 miliardi di euro di fatturato in Europa e che hanno, tra gli altri parametri, almeno 45 milioni di utenti attivi al mese, almeno 10 milia utenti di tipo business e un valore di mercato di almeno 75 miliardi.

Si tratta di un perimetro netto al cui interno rientrano comodamente Amazon, Apple, Google, Meta (Facebook) e Microsoft.

Per la Commissione Ue le aziende che rientrano in questi parametri sono gatekeeper, ovvero guardiani di ciò che accade tra venditori e consumatori finali. Nelle mire di Bruxelles c’è la volontà di evitare che queste aziende possano falsare domanda e offerta, per esempio dando maggiore visibilità a un venditore piuttosto che a un altro. Non è un tema del tutto avulso dalla realtà, nel 2017 l’antitrust europeo ha multato Google per 2,42 miliardi di euro, accusandola di avere privilegiato la vetrina Google Shopping, “oscurando” così altre opzioni di acquisto agli utenti che usavano il motore di ricerca per comprare online. Nel 2021 la presunta posizione dominante di Amazon ha spinto l'antitrust nazionale a irrogare una multa da un miliardo di euro.

La visibilità, la notorietà e la posizione dominante dei colossi può quindi essere foriera di pratiche sleali, tendendo per esempio a escludere aziende più piccole o meno blasonate dalle ricerche degli utenti e persino dai rispettivi store di applicazioni, rendendo meno immediata l’istallazione di app che offrono servizi alternativi, a grande linee ciò che Spotify sostiene facciano a Cupertino, laddove sarebbero più inclini a spingere Apple Music.

Le misure di contrasto

Sarà la stessa Commissione europea di concerto con le autorità degli Stati membri a monitorare il quadro e a intervenire comminando sanzioni fino al 10% del fatturato globale delle aziende che non si atterranno al Digital market act, ammenda che può salire fino al 20% in caso di recidiva. Nei casi giudicati più gravi, oltre alle sanzioni, la Commissione potrà persino essere invasiva, chiedendo alle aziende di compiere cambiamenti organizzativi e strutturali utili a scongiurare ulteriori ingerenze.

Tutto ciò, oltre a tutelare i consumatori europei, dovrebbe anche permettere a realtà aziendali più piccole di imporsi sul mercato, cosa oggi resa particolarmente complessa proprio dalla figura ingombrante dei colossi, i quali hanno risorse sufficienti per adombrare sul nascere la concorrenza.

L’iter del Digital market act

La data di applicazione del 2 maggio 2023 prevede che, entro il 3 luglio dello stesso anno i potenziali gatekeeper dovranno comunicare a Bruxelles quali servizi offrono e, nell’arco di 45 giorni, la Commissione Ue valuterà

se questi soddisfano i requisiti per essere realmente annoverati tra i gatekeeper e, al più tardi entro il 6 marzo del 2024, questi dovranno assoggettarsi ai requisiti imposti dalle norme e dalle regole.

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