Da Teheran mille dollari per ogni soldato Nato ucciso

Mille dollari pronta cassa per ogni soldato della Nato ucciso. Seimila dollari in contanti per ogni blindato trasformato in detriti fumanti. Così paga Teheran. Così la l'intelligence iraniana finanzia l'insurrezione talebana in Afghanistan infischiandosene della tradizionale avversità tra la Repubblica Islamica, culla della potenza sciita, e gli insorti ispirati dal fanatismo sunnita. Teheran non si scompone per così poco. Quando si tratta di combattere americani ed occidente ideologia e religione possono attendere. L'unico principio guida è quello antico per cui il nemico del nemico diventa il miglior alleato. Più originale e perversamente spregiudicato è, però, il metodo scelto da Tehran per alimentare l'insurrezione. Grazie a una rete di società ombra Teheran riesce, infatti, ad impossessarsi delle commesse occidentali destinate alla ricostruzione del paese, utilizzandole per pagare gli stipendi dei talebani, ricompensare l'uccisione dei nostri soldati e finanziare gli attacchi alla Nato. A scoprirlo è il Times di Londra grazie al racconto di un "tesoriere" dei talebani disposto a svelare il meccanismo con cui alcune società ombra, messe in piedi dai pasdaran, distribuiscono ai comandanti talebani i soldi ottenuti partecipando agli appalti per la ricostruzione.
Il resoconto della grande beffa inizia con il pagamento di 18mila dollari (13957 euro) incassati ad agosto dal "tesoriere" talebano. Per averli il "ragioniere" di un comandante della provincia di Wardak, si presenta in giacca e cravatta alla sede di un'azienda di costruzioni iraniana a Kabul e intasca la somma stabilita. «Funziona sempre così - spiega -: arrivo senza barba e senza turbante, entro in quell'ufficio pieno di computer dove lavorano una cinquantina di afghani e iraniani prendo i soldi e torno alla base». I contanti incassati ad agosto sono la ricompensa per un agguato del 12 luglio conclusosi con la distruzione di un blindato americano e l'uccisione di vari soldati afghani. Quel pagamento è l'ultima riga della complessa contabilità gestita dall'intelligence iraniana e dagli agenti della Brigata Al Quds, l'unità dei pasdaran responsabile delle operazioni all'estero.
Il "tesoriere" del Wardak, un ex contadino analfabeta arruolatosi con gli insorti quattro anni fa, è l'ultimo ingranaggio del meccanismo. Dopo aver imparato a scrivere e a far di conto in un campo pasdaran alla periferia della città iraniana Isfahan è diventato uno dei responsabili della contabilità segreta che consente ai talebani di farsi pagare da Teheran i salari mensili per i militanti e i premi per le operazioni. Il tariffario è rigoroso. Per ognuno dei circa 200 guerriglieri a libro paga il tesoriere del Wardak ha a disposizione 173 euro, un salario leggermente, ma significativamente superiore al mensile di un soldato o di un poliziotto governativo. Oltre ai 35mila euro ottenuti ogni mese per i salari il tesoriere ha ricevuto negli ultimi sei mesi 61mila euro di premi straordinari.
«Gli iraniani - spiega - ci riconoscono 1000 dollari (775 euro) per ogni soldato americano ucciso e 6000 dollari (4650 euro) per ogni blindato distrutto». Paradossalmente quei soldi non escono dai forzieri della Repubblica islamica, ma dai bilanci dei governi occidentali impegnati in Afghanistan. Stando alle indagini dell'intelligence afghana almeno 5 società ombra - aperte da Teheran e gestite da ufficiali della Brigata Al Quds - hanno accesso alle commesse per la ricostruzione dell'Afghanistan.
Il trucco consiste nell'utilizzare solo una minima parte dei finanziamenti per realizzare le opere a cui sono destinati. Centinaia di migliaia di dollari possono così migrare sui conti bancari degli emirati controllati da Teheran.

Da lì rientrano in Afghanistan sotto forma di contanti attraverso l'awala, il sistema di transizione finanziaria tradizionale che permette di spostare ingenti somme ingenti senza lasciar traccia. A quel punto i finanziamenti dell'Occidente sono contanti senza più storia, banconote pronte a finanziare l'uccisione dei nostri soldati.

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