Teheran ora chiede di trattare L’Ue: prima fermi i piani nucleari

La lettera ufficiale non fa alcun cenno al congelamento delle attività sull’uranio

Teheran ora chiede di trattare L’Ue: prima fermi i piani nucleari

Gian Micalessin

L’Iran ci prova, ma l’Europa per ora non ci sta. Fonti diplomatiche dell’Unione Europea hanno già fatto sapere di considerare «inaccettabile» una richiesta di Teheran per la ripresa dei negoziati sul nucleare fino a quando non verranno nuovamente «congelate» tutte le attività di trattamento dell’uranio riprese lo scorso agosto. La richiesta contenuta in una lettera firmata da Alì Larijani, capo del Consiglio Supremo di sicurezza nazionale e responsabile di tutte le trattative sul nucleare, è stata fatta pervenire alle ambasciate della cosiddetta «troyka europea» (Gran Bretagna Francia e Germania) che guida i negoziati condotti a nome dell’Unione Europea. Nella lettera Larijani chiede «trattative costruttive e logiche con i tre Stati europei sul programma nucleare iraniano nel quadro delle rispettive convenzioni e regolamenti dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica».
La lettera di Larijani non fa però cenno al blocco del trattamento dell’uranio considerato da Bruxelles una precondizione fondamentale per il ritorno ai negoziati con la troyka europea avviati nel novembre 2004. In quell’occasione l’Iran s’era impegnato a «congelare» tutte le attività del programma nucleare avviato clandestinamente 18 anni prima. Lo scorso agosto lo stesso Iran ha di fatto imposto lo stallo delle trattative respingendo tutte le proposte dell’Unione Europea, rompendo i sigilli imposti dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica ai laboratori di Isfahan e riprendendo il processo di trattamento dell’uranio. Ora, secondo quanto fanno capire fonti diplomatiche della «troyka europea» a Teheran, l’Iran punterebbe a strappare il via libero alla produzione autonoma di combustibile nucleare per le proprie centrali nucleari. La condizione è considerata inaccettabile dall’Unione Europea e soprattutto dagli Stati Uniti che, nonostante le garanzie iraniane sull’esclusivo utilizzo dell’energia atomica per finalità civili, sospettano l’impiego di uranio arricchito per la costruzione di ordigni nucleari.
L’apparente apertura di Larijani viene dunque interpretata come una semplice mossa tattica in vista di due importanti scadenze. La prima è la riunione dei ministri degli Esteri europei di questa settimana durante la quale verrà valutata l’opportunità di politiche più restrittive nei confronti della Repubblica islamica guidata dal falco Mahmoud Ahmadinejad.
La seconda è la riunione del direttivo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), prevista per il 24 novembre, che considererà la richiesta di deferire l’Iran al Consiglio di sicurezza per l’applicazione di sanzioni economiche. Anche l’apertura agli ispettori dell’Aiea di un’importante base militare indicata dagli Stati Uniti come il poligono sperimentale per ordigni destinati all’utilizzo di testate nucleari viene considerato poco significativo. I cancelli della base di Parchin, trenta chilometri a sud di Teheran, sono stati riaperti per la prima volta questa settimana dopo la visita dello scorso gennaio. In quell’occasione la squadra dell’Aiea potè entrare solo in un numero ristretto di edifici.
Gli ispettori questa volta hanno potuto ispezionare tutte le aree della base e raccogliere campioni di terriccio. Le analisi destinate ad individuare la presenza di residui d’uranio impoverito nei campioni non saranno però pronte prima della riunione del direttivo dell’Aiea.

I paesi «vicini» all’Iran come la Russia, la Cina e il cosiddetto «blocco dei non allineati» all’interno del direttivo Aiea potrebbero, dunque, chiedere il rinvio di ogni decisione in attesa dei risultati.
Gli esperti dell’Aiea hanno già fatto sapere in via ufficiosa di non considerare conclusivi i risultati dell’ispezione visto che gli iraniani hanno avuto tutto il tempo per bonificare il terreno della base.

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