"Il Tesoro ha adottato metodi più efficaci e tolto vincoli inutili"

Il professore dell’Università Cattolica: « I numeri dimostrano che l’attività di contrasto è aumentata»

"Il Tesoro ha adottato metodi più efficaci e tolto vincoli inutili"

Guglielmo Maisto è uno dei massimi esperti fiscali italiani. Professore di diritto tributario all’Università Cattolica, Maisto accetta di fare il punto con il Giornale sullo stato dell’arte della lotta all’evasione in Italia.

Alcuni provvedimenti di semplificazione messi in campo da questo governo (dall’abolizione della tracciabilità dei pagamenti all’eliminazione dell’elenco clienti fornitori) hanno fatto pensare a un rallentamento della lotta all’evasione. È così?
«Non vedo alcun segnale di rallentamento. Al contrario i dati che emergono sono di segno contrario. A partire dall’intensificazione dell’attività di accertamento. L’Agenzia delle Entrate e la Guardia di finanza stanno adottando metodi di tipo aziendalistico e le loro tecniche di controllo si stanno affinando per rendere più puntuale la loro attività di contrasto. Ho qualche dubbio sull’incisività degli obblighi che oggi sono stati soppressi. Ad esempio, l’obbligo di tenuta dell’elenco clienti-fornitori rappresentava un intralcio operativo non di poco conto, ma dagli scarsi effetti per la lotto al nero. Il circuito del nero è sia in acquisto sia in vendita: a tal fine gli elenchi hanno modesta utilità».

Ritiene che l’Italia abbia un livello di evasione eccezionale nel panorama internazionale?
«Anche su questo ho alcuni dubbi. Basta dare uno sguardo all’estero. Le faccio qualche esempio. Un funzionario di una banca del Liechtenstein ha fornito all’amministrazione finanziaria tedesca l’elenco dei conti aperti in quella banca. Ne è risultata una lista che comprende tutti i Paesi europei coinvolti: certamente non solo l’Italia. Negli Stati Uniti con un provvedimento amministrativo è stato varato nei giorni scorsi una sorta di scudo fiscale. Con un’imposta del 20 per cento per gli americani sarà possibile rimpatriare i propri patrimoni liquidi depositati all’estero. Segno che anche là esiste un’evasione così importante da giustificare un provvedimento di questo tipo. E infine la lotta ai paradisi fiscali: Germania e Regno Unito sono stati protagonisti nel proporre un’azione in qualche modo concertata di tutti gli Stati del G20. È quindi evidente la preoccupazione per i comportamenti dei propri contribuenti. Insomma quello dell’evasione fiscale è un tema molto sentito ovunque nel mondo. Noi ne diamo maggiore pubblicità. Non penso che il caso italiano sia un unicum, che vi sia un elemento di eccezionalità nella nostra evasione».

L’amministrazione finanziaria sembra essere passata dal controllo del singolo scontrino, alla più generale battaglia sulla capacità di spesa dei contribuenti. Come giudica questo nuovo approccio?
«I controlli sui singoli contribuenti soprattutto se piccoli non si possono fare con l’esercito: facendo una verifica uno per uno. È corretto spostare l’attenzione dai ricavi occultabili alle spese e agli investimenti personali che lasciano traccia. Inoltre le recenti direttive impartite da Guardia di finanza e Agenzia delle Entrate dimostrano un affinamento e una maggiore sofisticazione nell’analisi delle spese. Sono stati considerati fenomeni di spesa più precisi e indicativi della propria capacità di reddito che tengono conto dei nuovi stili di vita e della trasformazione sociale del Paese: dal controllo dei tour operator alle rette delle scuole private. C’è un’attenzione particolare degli ultimi provvedimenti nello scovare abitudini di spesa che possono costituire indizio di elevata agiatezza e di occultamento di redditi e di attività. Ritornando alla domanda iniziale: sono tutti strumenti che indicano una maggiore forza nel contrasto all’evasione».

Ci sono stati ulteriori provvedimenti che lei considera utili nella battaglia all’evasione?

«Una norma approvata a fine anno riguardo ai controlli nelle grandi imprese mi sembra molto efficace. Tutte le imprese con più di 300 milioni di fatturato annuo, dovranno sottoporsi a una verifica annuale».

Non si rischia per questa via di rendere sempre più difficile il lavoro delle imprese?

«Al contrario. Instaurando questo meccanismo, le grandi imprese potranno confrontarsi con l’amministrazione con regolarità. Verificheranno ogni anno le proprie posizioni fiscali.

È una tecnica già adottata in altri Paesi che permette un maggiore dialogo e a tendere - nel medio periodo - dovrebbe ridurre il contenzioso poiché il confronto permanente sulle questioni interpretative più spinose dovrebbe contenere i margini di incertezza per il contribuente».

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