Da Tonino a Ciampi, quelli che se fossero intercettati...

di Paolo Bracalini

Quelli che se parlano loro col giornalista di riferimento, nessun problema che male c’è, è la politica bellezza. Quelli che se fanno loro i direttorissimi con qualche sponsorissimo a Palazzo Chigi, è solo cortesia istituzionale, nessuna inclinazione a soddisfare le lamentele del potente per mantenere la poltronissima. Quelli che se venissero intercettati loro mentre promettono servizi ad personam o mentre li chiedono, ci sarebbe da divertirsi per davvero. «Pronto, Gianni? Sono Romano», oppure, ma è lo stesso (solo due canali più in là), «Cara Bianca», «Caro Massimo... ».
Solo per ricordane una tra tante, anche il fustigatore Di Pietro aveva il suo uomo a viale Mazzini. C’è ancora Bruno Mobrici, sempre al Tg1, anche se da tempo la sua strada si è separata da quella di Tonino. Eppure nel 2001, appena nato l’Idv, Mobrici era al fianco del fondatore, col ruolo di portavoce del partito. Giornalista Rai con patente dipiestresca, cronista (in aspettativa) e candidato Idv per la Camera nel 2001 a Roma. Memorabile fu la battuta che il giornalista-portavoce Idv servì su un piatto d’argento a Giuliano Ferrara, durante la campagna elettorale. «Noi siamo trasparenti!» strepitò all’indirizzo dell’Elefantino, il quale non si lasciò sfuggire il colpo: «Così trasparenti, che non vi si vede nemmeno». L’amore tra Mobrici e Di Pietro era scoppiato durante Tangentopoli, quando il giornalista guidava la redazione cronaca del Tg1, quella che seguiva per l’appunto le imprese del pool di Milano. Negli archivi di Radioradicale ci sono ancora gli audio di Mobrici in versione Di Pietro’s spokesman. Scandalo? Macché, la prassi, anzi un dovere in Rai, dove senza casacca politica non ti servono nemmeno il caffè. Lo stesso miele si ritroverebbe nelle telefonate tra Bianca Berlinguer, direttrice del Tg3 di stretta osservanza dalemiana, e l’ex premier diessino o chi per lui. Tra i Badaloni, i Marrazzo, i Lilli Gruber passati dal video al partito con un piccolo saltello.
Che affetto poi tra Gianni Riotta, quand’era direttore del Tg1, e Romano Prodi, quand’era presidente del Consiglio. «Gianni Riotta piace a tutti», disse il Prof da Pechino. A lui piaceva ancor di più, e lo mise a guidare il primo tg Rai. Solo un caso se un’altra volta, su quel trono, c’era salito un altro prodiano come Gad Lerner (poi membro del comitato promotore del Pd) e un’altra volta ancora Albino Longhi, già spin doctor di Romano Prodi nel 1996.
Ma tanta simpatia e tanta cordialità, tra giornalisti e potenti, anche altrove. Tra Eugenio Scalfari e Carlo Azeglio Ciampi, per esempio. Il Fondatore di Repubblica e il presidente della Repubblica, in fondo due colleghi, si parlavano a quattr’occhi come amici al bar, col dettaglio che uno dei due scriveva sul secondo giornale italiano e l’altro faceva il capo dello Stato mentre al governo c’era Berlusconi, nel 2001-2006, non proprio l’amor suo di Scalfari. Il Fondatore ha la fortuna (come ha raccontato ieri nel consueto lenzuolo domenicale di Repubblica) di avere con Ciampi «un’amicizia che dura ormai da quarant’anni». E Ciampi ha ricambiato l’amicizia con racconti dettagliati sugli attriti tra il Colle e Palazzo Chigi, quando al Colle c’era lui e a Palazzo Chigi c’era Berlusconi. Niente di strano se un direttore intrattiene conversazioni cordiali con l’ex presidente della Repubblica, ma se ci fossero le intercettazioni, ecco, l’effetto sarebbe diverso.
Urgono intercettazioni anche per il Cda Rai, organo di governo Rai governato dai politici. Il telefono, la tua voce, anzi la sua, quella del partito che sponsorizza. A destra e a sinistra. Vale anche per il consigliere Giorgio Van Straten, fedelissimo di Veltroni nominato a viale Mazzini poco prima dell’esilio veltroniano dal Pd. Talmente veltroniano da andare stretto anche ai dalemiani, che quando uscì il suo nome nel toto-consiglieri fecero gli spiritosi sul cognome fiammingheggiante: «Ma chi è, un ciclista»?. Ora però il superveltroniano Giorgio Van Straten chiede una «indagine interna» perché il direttore del Tg1 parla ogni tanto col premier. Insomma, cercansi intercettazioni, anche incomprensibili, tra WV e GVS, per ricavarne un manuale di indipendenza dalla politica.
Chissà che telefonate affettuose poi dentro e fuori l’Agcom, l’autorità delle Comunicazioni, terza per definizione e per modo di dire. Incredibile che un suo componente, Giancarlo Innocenzi, parli con il capo del governo? Si informa che, quanto a terzietà, cinque degli otto componenti sono ex parlamentari.

Uno dell’Udeur, uno di An, uno della Margherita, uno dell’Udc, un altro di Forza Italia. Può capitare che, se intercettati, magari si trovino a parlare con qualche segretario di partito. Può darsi, anzi è probabile. Basta una microspia nel telefonino, provare per credere.

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