da Roma
Francesco Cossiga, con una punta di perfidia, gli ha dato una benedizione non richiesta. Lex capo dello Stato ha proposto a Guglielmo Epifani la patente da sindacalista della prima Repubblica, con una lettera giocata sul filo dellironia. E su una tesi macabra: non cè «niente di male» nel «volere il fallimento di Alitalia» o meglio il naufragio del «tentativo berlusconiano di salvare Alitalia». Anche se dovesse costare 20mila posti di lavoro. Anzi, è «doveroso» per lui, «comunista, sostenitore del Partito democratico» volere la sconfitta dellavversario politico.
Una modo per punzecchiare il segretario generale della Cgil e mettere alla berlina lindecisione del sindacalista. Solo che questa volta nemmeno lui - che comunque comunista non è - si può permettere il lusso di prestare il fianco a chi lo accusa di essere la cinghia di trasmissione del Pd. Men che meno prendersi la responsabilità di un eventuale fallimento e dei relativi 20mila disoccupati. Rimane il calice amaro, dire sì a un piano voluto da un governo di centrodestra e quindi nemico.
Se fosse dipeso da lui, probabilmente, Epifani di scelte non ne avrebbe proprio fatte. Avrebbe rinviato allinfinito la decisione, magari fino a quando i tempi non saranno più favorevoli a un segretario generale della Cgil di area riformista.
Ieri allincontro decisivo con Roberto Colaninno non si è presentato. Ha mandato Fabrizio Solari, ufficialmente perché impegnato in una riunione sulla riforma dei contratti, in realtà - commentavano allunanimità i sindacalisti non Cgil - per prendere tempo. Unansia dilatoria confermata dalla linea assunta dal suo segretario confederale, al quale ha detto di spostare la decisione fino allultimo minuto utile e magari mezzora oltre il tempo limite.
Ma più che strappare concessioni o «ricevere ufficialmente» il documento sui contratti alla Cgil preme ancora una volta portare acqua alle posizioni e alle tesi delle categorie più difficili della trattativa. Piloti e assistenti, in primo luogo. Linea ribadita chiaramente da Solari dopo le comunicazioni di Colaninno: «Sarò a posto con la mia coscienza solo quando avrò espletato il tentativo di riallargare il consenso, utilizzando il tempo fino alle 16 di domani». Frase ribadita in serata dallo stesso Epifani: «Mi impegnerò fino alla fine».
È questo latteggiamento che nei giorni scorsi ha fatto dire al premier Silvio Berlusconi e al ministro del Lavoro Maurizio Sacconi che era in corso un chiaro tentativo da parte della sinistra di affossare la rinascita di Alitalia.
Lo stesso Epifani ieri si è premurato di rispondere a queste accuse. Boicottaggio? Niente di tutto ciò. Solo lesigenza di «fare un accordo che possa reggere». Di male in peggio. La rassicurazione ieri è suonata ai protagonisti della trattativa come un avvertimento a Colaninno e compagnia che suona molto come: siete sicuri di poter fare un accordo senza i piloti e tra le proteste dei dipendenti di terra e del volo?
Lui, Epifani, sicuramente non se la sente. Di passare dalla parte «sbagliata» della barricata, quella di chi firma gli accordi escludendo altri sindacati rilevanti come lAnpac non è il caso. Anche perché la linea scelta dalla Cgil nellera Berlusconi è quella di fare da catalizzatore di tutte le proteste sociali nel paese. Atteggiamento che tutti, fino a pochi giorni fa, leggevano come un ritorno al collateralismo politico con la sinistra, con il Pd di Walter Veltroni che scenderà in piazza poco dopo la manifestazione del 27 settembre indetta dalla Cgil. Ma i conti non tornano ai sindacalisti più attenti, che sono stati testimoni di un mutamento importante nellatteggiamento del Pd verso Alitalia. Nemmeno il principale partito di opposizione vuole il fallimento. E ieri nella sede di largo del Nazzareno era palpabile la preoccupazione per il «non firmiamo se non cambia», pronunciato da Solari.
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