È tornata l'Inter precalciopoli

Dà ragione a chi aveva intuito le inevitabili difficoltà del dopo triplete. Il primo era stato proprio Josè Mourinho, in fuga la sera stessa del trionfo di Madrid. Andandosene ha rinunciato a una finale di Supercoppa europea e un mondiale per club.

Solo in piena Calciopoli l'Inter aveva ottenuto questi risultati, non significa niente ma dà ragione a chi aveva intuito le inevitabili difficoltà del dopo triplete.
Il primo era stato proprio Josè Mourinho, in fuga la sera stessa del trionfo di Madrid. Andandosene ha rinunciato a giocarsi una finale di Supercoppa europea e un mondiale per club, prestigio, soldi, potere all'interno della società. La sera stessa si era proposto per l'addio anche Diego Milito con un'uscita fuori tempo sul suo ingaggio e sulle richieste pressanti che millantava. Anche Douglas Maicon aveva espresso il desiderio di cambiare aria. I tifosi si erano divisi sulla loro cessione, ma restano tifosi, era la società che avrebbe dovuto valutare le opportunità e sembrava proprio avesse le idee chiare. Niente mercato. Una decisione che poteva rappresentare il dubbio o la certezza che la stagione precedente fosse irripetibile e quindi non era il caso di spendere, lasciando trascorrere un altro anno prima di valutare meglio il dopo sbornia. Del resto con che coraggio si potevano pensionare una decina di giocatori ormai sui trent'anni, con stimoli azzerati e la testa altrove? Moratti non se l'è sentita, anzi ha accolto le richieste di rinnovo dei contratti, in alcuni casi con ritocchi sensibili. Ma con due centrali trentenni, le alternative erano due centrali ultratrentenni, giocatori ai quali vanno strameritati onori ma inevitabilmente logori. L'Inter in quel ruolo aveva in mano due ragazzotti ritenuti fra i migliori in circolazione, Bonucci e Ranocchia, portarli subito in prima squadra era probabilmente impraticabile, però alla fine non ne è arrivato nessuno dei due. Mal calcolati i rischi su Chivu reduce da un incidente pericoloso, e il recupero imprevedibile di Santon. Nel frattempo il difensore più giovane, Burdisso, è stato ceduto definitivamente.
Anche in mezzo al campo le cose sono rimaste tali, Mariga, Obi, Nwankwo, Biabiany e Coutinho non potevano dare il medesimo peso specifico dei triplete, ma se il rischio era calcolato allora ecco l'eterno discorso: al tifoso fa meno male vedere un giovane che sbaglia che un decorato eroe che non ce la fa più. Alla fine è uscito solo Balotelli, cessione non così ben remunerata. Mario ha un carattere difficile, all'Inter lo sanno alla perfezione, ma accanto ad Eto'o e con la certezza di non avere più sopra di lui Mourinho, le cose potevano prendere un'altra piega, questo senza cancellare un passato vergognoso di maglie gettate per terra e mosse professionali discutibili come quella di farsi assistere da Mino Raiola.
Il giro potrebbe continuare e chiudersi con la scelta di Rafa Benitez. Il pover'uomo, tale si sta dimostrando, ha ereditato una panchina che nessuno voleva, questo è chiaro, oltretutto conscio di questo in quanto seconda scelta e non primo desiderio del presidente. Non gli è stato preso alcun giocatore che aveva proposto, e questo è un fatto, viene sistematicamente criticato perché non avendo alternative, fa giocare l'Inter come nella passata stagione. E non ottiene i medesimi risultati. Quando cambia modulo gli imputano di voler stravolgere una squadra che gioca a memoria. In realtà giocava a memoria, e gli avversari ormai sanno come. Benitez tenta di far credere di avere lo spogliatoio in mano, non è vero, non ha in mano neppure l'infermeria, chiunque ha l'opzione di ricordargli di essere campione d'Europa, mentre lui, lo spagnolo, è stato cacciato da Liverpool in male modo dopo averlo fatto saltare economicamente.

Rafa non ha carte, potrebbe riuscirci solo con i risultati ma sembra in confusione, dura e massiccia, forse l'Inter gioca meglio ma fa meno punti, molti meno punti. L'anno scorso dopo la decima giornata erano 25, anche Moratti legge i giornali.

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