Trasportavano cocaina dalla Colombia nascosta nelle casse di frutta esotica

Stroncato un traffico di droga dal sud America. La polizia tributaria di Catanzaro, in collaborazione con il Gico, ha arrestato 16 persone arrestate per traffico internazionale di stupefacenti. Si tratta di affiliati a cosche della 'ndrangheta.

Stroncato un traffico di cocaina dal sud America. Il Nucleo di polizia tributaria di Catanzaro questa mattina ha stretto il cerchio attorno a 16 persone arrestate per traffico internazionale di droga su disposizione del gip distrettuale di Reggio Calabria.
Si tratta di affiliati a cosche della 'ndrangheta o comunque vicini alla criminalità organizzata, catturati in Calabria, Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Campania e Puglia, al termine di un'indagine coordinata dalla Dda.
Gli investigatori hanno scoperto che la cocaina viaggiava in container carichi di frutta e dal sud America giungeva in Calabria, per essere poi rivenduta. La droga veniva caricata in container che partivano dal sud America diretti ai porti del nord Europa e da qui, via terra, giungeva in Italia. Nel corso dell'inchiesta, le fiamme gialle hanno intercettato 30 chili di cocaina e hanno avuto la certezza di almeno un altro carico dello stesso peso fatto arrivare in Italia.
L'holding criminale era composta da affiliati alla cosca Piromalli-Molè di Gioia Tauro e ramificata oltre che in diverse regioni italiane anche in Turchia, Germania, Olanda, Venezuela e Colombia. Dopo tre anni di indagini, i finanzieri del Gico di Catanzaro in collaborazione con il Servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata (Scico) di Roma e con l'ausilio di reparti del comando provinciale di Reggio Calabria, hanno portato a termine l'operazione «Panama 2005» arrestando i 16 soggetti. Contestualmente, la polizia di Norimberga, in collaborazione con il Gico, sta cercando, grazie a un mandato di cattura internazionale, due componenti l'organizzazione originari di Ceglie Messapica (Brindisi) ed emigrati da tempo nella città tedesca di Augsburg, dove gestivano alcune attività commerciali.
Le indagini, coordinate dal procuratore procuratore Giuseppe Pignatone, dall'aggiunto Michele Prestipino Giarritta e dal pm Roberto Placido Di Palma e dalla Dna, hanno permesso di accertare che al vertice del gruppo c'era Michele Ringo Albanese, di 45 anni, latitante all'epoca dei fatti contestati e già noto agli inquirenti per il suo coinvolgimento in altre operazioni antidroga, il quale, grazie ai contatti diretti con esponenti di spicco dei cartelli colombiani, riusciva a importare grossi quantitativi di droga da destinare, di volta in volta, al mercato italiano. Albanese, secondo l'accusa, poteva fare affidamento su sodali pronti a raggiungerlo in Colombia o in Venezuela quanto in Germania per prendere contatti diretti con i fornitori e predisporre le basi logistiche per accogliere l'arrivo delle partite di droga. La cocaina, in particolare, arrivava in Europa nascosta in carichi di frutti esotici, sistemata nelle intercapedini ricavate dal cartone delle scatole di banane.
Una volta giunta in Europa, soprattutto attraverso il porto di Rotterdam, la droga veniva trasferita verso la Germania e l'Italia tramite ignari operatori economici olandesi. Nel corso delle indagini, i finanzieri hanno arrestato Albanese in Germania, il 16 ottobre 2006. Nel corso della stessa operazione, i finanzieri trovarono anche il bunker utilizzato da Albanese per la sua latitanza. Il rifugio era stato realizzato nella villa dell'uomo a Rosarno.


I finanzieri, nel corso delle indagini, hanno anche sequestrato 28 chili di cocaina purissima per un valore di oltre 6 milioni di euro avvenuto a Rosarno l'11 settembre 2006. Complessivamente la droga sequestrata ammonta a 30 chili.

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