Trattorie, come tradizione vuole

È anche con posate e tovagliolo che, a Roma, si va alla scoperta della storia. La convivialità è, infatti, una caratteristica tipica dei romani, sempre pronti a condividere buona tavola e belle chiacchiere. Già Plutarco scriveva: «Non ci invitiamo l’un l’altro per mangiare e bere semplicemente, ma per mangiare e bere insieme». Poi dalla tavola domestica si passò alla trattoria, popolare, economica e familiare. E se a ripercorrere le tracce del passato prossimo della cultura gastronomica romana, per la prima volta, è addirittura l’arte, nella mostra «Sapori Colti», che fino al 15 novembre al Vittoriano riunisce, tra schizzi e disegni, i ricordi lasciati da artisti e personaggi famosi nei loro locali preferiti, per scoprire l’attualità della tradizione, basta andare di locale in locale alla ricerca della «classica» cucina capitolina. Sono molte, infatti, le trattorie che continuano a tramandare fedelmente le ricette romane. Una delle più antiche è La Campana (vicolo della Campana 18; 066867820), evoluzione di uno storico punto di ristoro per viaggiatori, che, alla Carta, vanta coda alla vaccinara e fritti croccanti, oltre a specialità «da calendario», come gnocchi il giovedì, baccalà il venerdì e trippa il sabato. A tutta romanità pure dallo Scopettaro (lungotevere Testaccio 7; 065742408), trattoria a conduzione familiare recentemente ristrutturata senza però compromettere l’atmosfera d’antan, che ha tra le specialità lingua, fagioli con le cotiche e abbacchio alla scottadito: «Questo tipo di cucina - spiega Alessandro Trombini, impegnato in sala ma anche ai fornelli, con la madre Paola - tra i romani è sempre di moda, senza distinzione tra uomini e donne. D’altronde, è una cucina molto buona, con una grande varietà di pasta, ed è difficile trovare qualcuno cui non piaccia. I ragazzi la conoscono poco, probabilmente perché in casa oggi non si cucina più, ci sono ventenni che non sanno neanche cosa siano i rigatoni con la pajata, ma quando li assaggiano ne rimangono colpiti». I piatti più richiesti? «Carbonara e cacio e pepe - prosegue - perché cucinarli bene a casa è difficile».
Da Felice a Testaccio sono un must le puntarelle alla romana, gli involtini al sugo e la crostata di ricotta e visciole (via Mastro Giorgio 29; 065746800). Ci sono anche i fegatelli tra le portate della trattoria da Domenico, aperta nel 1967 al Celio (via San Giovanni in Laterano 134; 0677590225). Ha scelto di puntare sull’immagine tipica della trattoria, usando pure le classiche tovaglie a quadri bianchi e rossi, malgrado sia relativamente recente - ha aperto nel 2005 - Il Bocconcino (via Ostilla 23; 0677079175), che propone ricette e ingredienti della campagna romana con particolare attenzione per i piccoli produttori. «Questo locale è nato per passione - racconta Giancarlo Pragliola, chef autodidatta, titolare del locale con Nelly Brito -. Eravamo stanchi dei piatti di moda e abbiamo deciso di recuperare la cucina tradizionale, andando alla ricerca delle ricette dimenticate, dalle polpette con sedano e cannella allo stufato». La ricerca si è trasformata anche in un percorso di educazione al gusto. «Molti giovani chef quando escono dalle scuole di cucina non sanno fare un minestrone, qui facciamo loro dei corsi di cucina tradizionale». Per gustare la minestra d broccoli e arzilla o gli gnocchi fatti in casa, l’appuntamento è da Fratelli Micci (via Andrea Doria 55; 0639733208).

«Il menu non cede nulla a mode ed esotismi, ma rimane attaccato a tutto quel repertorio del mangiar romano delle origini» assicurano alla Matricianella, attiva dal 1957 (via del Leone 4; 066832100): tra le specialità, il fritto romano, con cervello e animelle d’abbacchio.

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