Tre fratelli, tre campioni: la famiglia che dà scacco matto

«Non chiamateci secchioni, giocare ci diverte ma abbiamo tanti interessi»

Guido Mattioni

nostro inviato a Rogno (Bergamo)

Il nome del paese, Rogno - sì, proprio così, prima persona del verbo «rognare» - parrebbe voler promettere musi lunghi. E invece, almeno in via Mulini 25, in una villetta a due piani circondata dai fiori, da domenica scorsa c'è un'intera famiglia (una bella famiglia italiana, vien davvero voglia di aggiungere!) che sorride. Il motivo è lì, attaccato alla porta. È un manifesto bianco, di quelli fatti in casa, dove tra gli svolazzi di un'apemaia e di una farfalla, prorompe sincera ed entusiastica una scritta: «Complimenti Roby, campionessa assoluta d'Italia». Lo ha vergato e disegnato la Ketty, una vicina, per festeggiare Roberta, che da domenica scorsa è la campionessa assoluta femminile italiana di scacchi.
Titolo che a dirlo così, in un Paese dove se non tiri pedate a un pallone (ancorché in una serie infima) sei davvero nessuno, non sembrerebbe un granchè. Roba al massimo da addetti ai lavori. Se non fosse per un piccolo, quasi adolescenziale particolare che fa notizia: Roberta Brunello, sì lei, la neo-campionessa assoluta, ha compiuto 15 anni lo scorso marzo. E a ben vedere, poi, di piccoli particolari ne andrebbero menzionati altri due: Sabino e Marina, rispettivamente 17 e 12 anni, suoi fratello e sorella, oltre che altrettanti assi nel muovere torri e cavalli.
Il maschio, secondo ex aequo agli ultimi campionati italiani assoluti di Cremona, è già Maestro Internazionale (come dire la serie cadetta di questa che ormai è disciplina sportiva; dopo c'è soltanto la qualifica di Grande Maestro) oltre a poter vantare il titolo under 18, ma quando di anni ne aveva appena 13. Quanto alla più piccola di casa, Marina, occhi furbissimi e una vocazione minacciosa - «Da grande voglio fare la professoressa di matematica» - è manco a dirlo la campionessa italiana under 12, nonché la più giovane componente del team azzurro alle Olimpiadi degli scacchi svoltesi a Torino la primavera scorsa.
Sui giovanissimi plurititolati - tutti e tre dal comportamento educato, quasi compìto, e soprattutto dall'atteggiamento non «gasato» - vegliano in silenzio e con discrezione tipicamente valligiane (siamo in Val Camonica) mamma Ornella, professoressa di storia e filosofia al liceo scientifico di Lovere, e papà Angelo, impiegato in un'azienda di trasporti, nonché artefice di tutto quanto cresce rigoglioso nell'orto di casa («Scriva, scriva che è coltivatore diretto», scherzano i figli).
Sembra incredibile, eppure è ancora così, tra un piatto di fichi colti dall'albero e una crostata di marmellata home made in bella mostra sul tavolo della cucina-tinello, che possono nascere dei campioni. Tre, addirittura, sotto lo stesso tetto. Quanto a Marina, la più «fresca» di titolo e campionessa anche di ritrosia, difficile strapparle qualche parola. «Quest'anno vado in seconda liceo scientifico a Lovere», sussurra ammettendo di essere brava soprattutto in matematica, «materia che mi aiuta a mantenere la concentrazione quando sono in gara».
Insistendo, si viene a sapere altro. Per esempio, il merito della passione è di papà, «che si diverte a muovere i pezzi e che per primo ci ha insegnato a farlo», rivela Roberta. Ma che, aggiunge impietosa la terribile Marina, «non è molto capace». Contrariamente a quanto si possa pensare, poi, nessuno dei tre fratelli dedica molto tempo all'allenamento. «Al giorno? Tre quarti d'ora al massimo», precisa la neo campionessa, che dice però di giocare quasi tutti i fine settimana, come fratello e sorella, in quelli che vengono chiamati i tornei «semilampo»", percorrendo in lungo in largo Lombardia, Emilia Romagna e Piemonte.
I genitori, ovviamente, sempre dietro a scarrozzarli in automobile dove occorre e quando possono, sperando magari in quei 100 o 150 euro di premio in palio per il primo.

«Così ci scappa fuori almeno la benzina, anche se per noi è sempre un divertimento e non ci interessa il risultato - sdrammatizza papà Angelo accarezzando con lo sguardo quei tre figli che vedono il mondo a modo loro, a scacchi - Certo che se poi vincono è meglio. Ma il giorno che non vinceranno più, beh, allora se ne andranno da soli con il pullman o con il treno» promette. Lo dice, ma si capisce che non gli crede nessuno. Nemmeno lui.

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