Trebisonda, la tana dei Lupi Grigi

Nella città in cui fu ucciso don Santoro i bar espongono la scritta: «Vietato entrare armati» e sono pieni di estremisti

da Trebisonda

«Trabzon'da ne oluyor?». Che succede a Trebisonda? Se lo chiedeva un anno fa la televisione Star, dopo l'omicidio di don Andrea Santoro in una chiesa della città, apparentemente per mano di un giovane fanatico. Oggi, dopo l'assassino del giornalista armeno Hrant Dink, ucciso da un ragazzo di 17 anni proveniente dalla stessa località, se lo chiede tutta la Turchia.
I due delitti hanno portato alla luce una realtà alla quale forse si è dato troppo poco peso: la costa orientale del mar Nero in questo momento è una delle zone più pericolose del Paese. Certo quella dove prolifera il sentimento ultranazionalista che alimenta la destra laica del Paese e dove i gruppi politici, come quello dei bozkurtlar, i Lupi Grigi, sono maggiormente attivi.
Una situazione esplosiva, che qualcuno denuncia da tempo. Osman Diyadin è il direttore del quotidiano Karadeniz, un cronista d'altri tempi. Da anni gira per la sua Trebisonda con la macchina fotografica. È la memoria storica della città, non gli sfugge niente. Nemmeno che qualcosa sta cambiando.
«Lo vadano a dire a qualcun altro che l'assassinio di don Santoro è stato un gesto isolato. Io non lo conoscevo, ma in città - dice - tutti ne parlavano come di una brava persona, che non dava fastidio a nessuno. La verità è che qui ci sono gruppi di persone che agiscono indisturbate. Prima dell'assassinio di don Santoro ci sono stati segnali importanti, che non sono stati tenuti in considerazione. Mi devono spiegare come fa un ragazzo di 17 anni a prendere in mano una pistola e sparare a un uomo indifeso, se non è stato spinto da nessuno».
Fra aprile e maggio del 2005, rappresentanti di associazioni no profit e di formazioni politiche di sinistra sono stati ripetutamente aggrediti da nazionalisti e Lupi grigi. Molti hanno riportato gravi ferite. La polizia ha arrestato i responsabili a distanza di mesi, ma non tutti. Le forze dell’ordine e il governatore della città di Trebisonda, Hüseyin Yavuzdemir, destituito pochi giorni fa, avevano ricevuto dure critiche per come era stata gestita la situazione.
Il nome Trebisonda, di solito, evoca scenari ben diversi. La splendente capitale dei Comneni, seconda solo a Costantinopoli, nel XIII secolo ammaliava mercanti e viaggiatori con i suoi palazzi, le chiese dalle cupole d'oro e le sue principesse, considerate le donne più belle del mondo allora conosciuto. Gli storici raccontano che chi vi giungeva di giorno dal mar Nero, vedeva l'oro rispendere da chilometri di distanza. Dell'antica «sorella di Costantinopoli» è rimasta solo qualche traccia. Oggi a Trebisonda è meglio arrivarci la sera. Con un po' di fortuna, dall'aereo si vede la luna che si riflette sull'acqua e in basso le luci della città.
Sulla strada che va dall'aeroporto all'albergo, i palazzi grigi sembrano quelli di una normale periferia e la piazza alberata, la Atatürk Alani, lascia presagire un posto tutto sommato gradevole. Solo il giorno dopo ci si rende conto della realtà. Gli edifici sulla strada sono vecchi alberghi a ore abbandonati e la piazza alberata è il posto meno squallido che ci si possa aspettare. Se si parla con gli abitanti di Trebisonda, raccontano che la città è diventata così a partire dagli anni Novanta a causa del crollo del comunismo. Centinaia di prostitute, mafiosi e spacciatori varcarono la frontiera dell'attuale Georgia e si trasferirono a Trebisonda, prima città turca importante che si incontra venendo da Est. L'afflusso di stranieri e il peggioramento delle condizioni di vita ha favorito il radicarsi di istanze nazionaliste e favorito l'azione di gruppi politici.
Oggi il fenomeno si è attenuato, ma nonostante questo ci sono due cose che non mancano mai. Le lucciole la sera, in locali che espongono la scritta «Vietato entrare armati», e gli estremisti che affollano i numerosi internet point, unico ritrovo per i giovani della città. Una delle vie principali ne conta oltre 60. Passano lì tutta la giornata. La causa è anche la crisi economica, iniziatasi alla fine degli anni Novanta, che causa disoccupazione e povertà. La gioventù, rintanata in questi locali, passa il tempo fumando e parlando di calcio. Gran parte di questi estremisti appartiene alla tifoseria del Trabzonspor.
Una settimana fa, in occasione di una partita di campionato, centinaia di giovani si sono presentati allo stadio con il cappellino bianco simile a quello di Ogun Samast, il killer di Hrant Dink. Ai giornalisti che li intervistavano, hanno detto che lo facevano per manifestare la loro solidarietà all'assassino: «Aveva difeso l'onore della razza turca».
Questa è la Trebisonda del terzo millennio. Per tornare indietro nel tempo si può solo andare al monastero di Santa Sofia, alla periferia della città, affacciato sul mar Nero. Il giardino è stato parzialmente occupato da un cimitero ottomano e ovviamente l'edificio è sconsacrato, ma ad altri luoghi è andata decisamente peggio. Il monastero della Vergine si trova sulla collina di Boztepe, un tempo luogo sacro per cristiani e pagani, oggi regno della speculazione edilizia.

Abitato da monaci ortodossi fino al 1923, oggi è poco più che un cumulo di macerie. Giù c'è la nuova Trebisonda, che non è più la città delle principesse ma quella dei Lupi grigi, fra il mar Nero e il verde delle colline. Ogni tanto, nella nebbia, sembra quasi di vederli.

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