Troppi "eredi" per il maestro Vianello

Dopo la sua morte in tanti, da Fiorello a Bonolis, dalla Ventura a Gerry Scotti ne hanno parlato come di un esempio. Ma l’Osservatore Romano frena gli entusiasmi: "Se ha insegnato, la sua aula era vuota"

Troppi "eredi" per il maestro Vianello

Era uno dei padri della patria televisiva ma il quesito non se l’è mai posto più di tanto. Quello che certe volte attanaglia gli irripetibili: e dopo di me? Tanto lo sapeva che gli eredi artistici, al momento giusto, si riproducono in un disordine fuori da ogni legge di natura. L’unica volta che la domanda gli era arrivata diretta, aveva schioccato una di quelle sue occhiate che tappavano la bocca a tutti. Poi, fissando gli interlocutori, concluse: «Chi potrebbero essere i miei eredi? Frizzi, Bonolis, Fazio». Gli interlocutori erano Enrico Mentana e Maurizio Costanzo. Nel 1998 avevano usato il palco del Teatro Parioli per lo speciale di Canale 5 I tre tenori, in cui non si parlò di Carreras-Domingo-Pavarotti, bensì di Corrado-Mike-Vianello, i tenori della tv. Con loro tre in smoking, perché dovevano entrare nelle case degli italiani, a impiastricciarsi di piccole rivalità. Chi è il più vecchio? Chi ha guadagnato di più in Rai? Chi ha fatto il primo programma?... E Vianello sempre un po’ in disparte dalle dispute a osservare i colleghi come due acini di moscatello acerbo. E dopo, in camerino, quando gli domandarono chi avrebbe voluto essere invece tra i tre grandi cantanti, non tradendo se stesso rispose: «Pavarotti, perché ha avuto il coraggio di lasciare la moglie». Ora che Raimondo ha lasciato tutti, l’inferno certo in terra per il paradiso nell’improbabile aldilà, gli eredi, come previsto, proliferano.

Sopra la foto di Gerry Scotti, qualche giorno fa, in un’intervista al Corriere della Sera, c’era un occhiello con scritto «l’erede». Gerry parlava di Raimondo, ne ricordava la carriera e il carattere «il più grande signore della televisione italiana», in sintesi. Come recitava il necrologio che aveva affidato allo stesso giornale il giorno dopo la morte di Vianello. Ma prima ancora, Gerry era stato l’erede per eccellenza di Mike. Per ammissione di Mike stesso che, la sera dei tenori, alla stessa domanda posta a Raimondo, a Costanzo rispose: «Fazio, Gerry Scotti, Bonolis». Poi la scelta di Scotti la ribadì in vari momenti della vita, salvo all’ultimo, a sorpresa, incoronare Francesco Facchinetti durante una puntata di X Factor a cui prese parte l’anno scorso: «Dico sempre che il mio erede è Gerry Scotti, ma ripensandoci potrebbe essere Facchinetti».

All’indomani della morte di Vianello, sono stati in tanti a parlare di lui come di un «maestro». Fiorello, per esempio: «Se n’è andato il maestro dell’ironia per antonomasia, più di un presentatore, un attore dal grande stile, il primo anche che con Pressing riuscì a portare il sorriso nelle trasmissioni sportive». Aggiungendo anche il ricordo dei loro incontri ai Telegatti: «Ogni volta che mi vedeva dietro le quinte, mi diceva con quel suo sguardo fintamente stupito: “Ma cosa ci fai tu qui? Allora premiano proprio tutti”».

Pure Simona Ventura, signora di calcio e reality, visibilmente provata davanti alla camera ardente di Raimondo, ha commentato laconica alla stampa: «Un maestro, una tragedia». Perché anche a Miss Isola, intrisa di nostalgia, con gli occhialoniscuri e i capelli raccolti è venuto in mente che in qualche parte di ciò che fa c’è un po’ di Vianello, evidentemente. Perfino Davide Mengacci e Lino Banfi e Massimo Boldi... «Maestro».

Paolo Bonolis, che pure era stato “nominato” da Raimondo in quella lontana sera del 1998, si è tenuto alla larga dal termine, spiegando però che: «Mi spiace tanto. Raimondo ha vissuto una vita lunga, intensa e bella e ha lasciato molto a chi fa la nostra professione. Se n’è andato sorridendo con la comicità che da sempre lo ha contraddistinto».

Dal suo nostalgico smoking, però, Piero Chiambretti ha smontato ogni velleità spiegando che Vianello era un personaggio che «non ha eredi, cloni, figure che anche lontanamente possano avvicinarsi alla persona che era», un po’ la stessa cosa (sorprendentemente) che aveva scritto L’Osservatore romano all’indomani della scomparsa.
Secondo il quotidiano della Santa sede «maestro è il termine più ricorrente tra quanti ne commentano la morte. Non è vero, almeno non del tutto. Se Vianello è stato un maestro, la classe in cui insegnava era vuota, o quasi. Elegante, garbato, ironico, mai una parola di troppo, questo romano atipico non ha praticamente eredi nella televisione italiana.

Non solo per la sua classe, con quella ci si nasce e non si può emulare nemmeno volendo, ma anche per l’educazione: ha saputo essere popolare senza essere volgare». Con buona pace di quelli che restano. E di Vianello, soprattutto.

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