«Troppi immigrati qui solo per delinquere»

Gaia Cesare

da Milano

Da anni conduce un programma televisivo per due tv locali, La8 e La9, in onda nel Nord-est e fino alla Toscana, in cui racconta la vita degli stranieri arrivati in Italia. Si chiama «Speciale immigrati» e lui di immigrazione se ne intende. Arrivato in Italia all'età di sette anni, Mohamed Ahmed, egiziano, è ora un cittadino italiano a tutti gli effetti. Ha cominciato come piccolo imprenditore, aprendo i primi ristoranti a Padova, per poi allargarsi. Intanto ha sposato un'italiana di Venezia, ex imprenditrice anche lei, con cui ha messo su famiglia. Ora si è trasformato in un analista del fenomeno immigrazione. La sua redazione si trova a trecento metri da via Anelli, il «ghetto» in cui i padovani hanno voluto innalzare quel «muro» che oggi, anche a Milano, qualcuno chiede di erigere contro gli immigrati. «Padova è la cittadina dell'arte, di Galileo, il degrado a cui anche noi assistiamo ogni giorno, tra spaccio e prostituzione, è una vergogna».
Che fare allora contro la criminalità che gravita attorno a grosse fette di immigrati? «Via subito tutti gli irregolari e spazio solo a chi viene qui a fare il proprio dovere».
E secondo Ahmed c’è una buona metà di immigrati che in Italia arriva solo per delinquere: «Sono quelli a cui la cittadinanza consentirà di agire con maggiore libertà e minori controlli. Non la chiederanno perché vogliono diventare italiani, ma solo per avere un passaporto che consenta loro di andare in giro per il mondo più agevolmente. A quelli non interessa stare in Italia per lavorare ma solo fare quattrini in fretta, non importa come». Ahmed, ovviamente, difende anche il suo passato e la sua storia: «Poi ci sono quelli come me, a cui comunque non interessa diventare italiani, almeno non in così poco tempo. Sono persone che hanno soprattutto bisogno di un lavoro sicuro: è questo il loro obiettivo, non di certo la cittadinanza. E prima di tutto dovranno colmare i gap di conoscenza linguistica e logistica che gli manca di questo Paese. Negli ultimi dieci anni c’è stata un’immigrazione di livello più basso, quasi l’80 per cento degli immigrati che arrivano qui non conoscono l’italiano né la geografia del Paese».
Ahmed è insofferente, perché fra tanti stranieri con cui ha a che fare ogni giorno «ci sono molti che quando gli chiedo cosa pensano dell’Italia mi rispondono che è un “Paese di m...”. Forse si aspettavano di venire qui a non far nulla, di diventare ricchi in un paio d'anni e poi tornare. Invece la vita da immigrati è una vita di sacrifici».
Nelle sue parole, poi, c’è il timore che la cittadinanza - che estenderà il diritto di voto, attivo e passivo, anche ai «nuovi italiani» - spalanchi le porte all’integralismo: «Sono in tanti quelli che vogliono fare politica, molti per voglia di rivendicazione. Io sono convinto che si candideranno per difendere l'Islam, ma quello più radicale. Questi personaggi non si riconoscono facilmente, non hanno scritto in faccia la parola “estremista”. Ma ora la cittadinanza li renderà molto più forti. Il permesso di soggiorno, il rischio di essere espulsi, li ha frenati finora. Adesso faranno un ragionamento: sono italiano e nessuno mi può mandare via».
Che fare per fermarli? «Selezionare le guide religiose e spirituali.

Gli imam che operano in Italia, e che sono un punto di riferimento per gli immigrati, devono essere persone scelte, che abbiano una conoscenza reale del Corano, che siano colte e magari elette dalla comunità stessa. Proprio come avviene negli Usa».

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