Troy, Chardonnay di montagna

C i sono vini che volano alto. E ci sono vini che in alto ci nascono. Uno di questi lo abbiamo visto nascere, appollaiati come aquile ottobrine in un rifugio a 2410 metri di altezza in cima a Ortisei. Qui con un pugno di impavidi abbiamo assaggiato in anteprima, qualche giorno fa, l'ultimo nato in casa Tramin: il Troy, Chardonnay Riserva dell'annata 2015. Che inizialmente se l'è dovuta vedere, in una spericolata degustazione alla cieca, con altri colleghi di vitigno e di lignaggio da tutto il mondo: ad esempio il borgognotto Puligny-Montrachet 1er Cru Clavoillon di Domaine Leflaive del 2013; il californiano Kongsgaard Napa Valley del 2015; l'austriaco Gloria Burgenlnad di Weingut Kollwentz-Römerhof 2015; e gli italiani Cervaro della Sala Antonori 2015 e Gaia&Rei Langhe 2015. Tutta robetta...

Va detto che il Troy se l'è cavata alla grande e da più di uno dei giornalisti è stato messo tra gli assaggi top. Il vino è prodotto con uve coltivate in località Sella, sul versante orientale del massiccio della Mendola, tra i 500 e i 550 metri, da vigneti con età medi di venticinque anni in parte a guyot e in parte a pergola semplice. La pendenza, che in alcuni punti supera anche il 30 per cento, consente di parlare di vera enologia eroica. La 2015 è la prima vendemmia con cui il Troy conosce gli onori della ribalta, dopo trentatré mesi sui lieviti, undici dei quali in barrique e ventidue in acciaio. Il vino esibisce un colore dorato affascinante, profumi floreali e tropicali, con note mentolate e ammandorlate, e in bocca fresco e salino.

«Lo Chardonnay - dice il direttore commerciale della cantina Tramin, Wolfgang Klotz - è la varietà con cui si producono alcuni dei più grandi vini bianchi del mondo, ma anche una delle più diffuse a ogni latitudine. Noi vogliamo arricchirlo con la nostra interpretazione: un'inconfondibile espressione della terra alpina in cui viviamo». Operazione riuscita, diremmo.

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