«Tube» milanese, via al restyling

La linea 1 e 2 festeggiano 50 anni con un nuovo look. Sparisce la «Gommabolli»

Luciana Baldrighi

Con la complicità dell’estate, quando la città si svuota e l’interesse civico dei milanesi rimasti a lavorare diminuisce in maniera inversamente proporzionale alla calura, il capoluogo diviene teatro di un incredibile attivismo che va dal rifacimento di strade come via Cusani, piazza Meda, corso Magenta, a tutta una serie di parcheggi come piazza Sant’Ambrogio, Caterina da Forlì, Ticinese, Darsena e Olona, fino al riassetto di strutture pubbliche sedimentate nel tempo e nella memoria.
Il caso più clamoroso è quello della metropolitana, la linea 1 e 2, che a 50 anni dalla sua nascita viene sottoposta a un’operazione di restauro realizzata non più da Mm ma da Atm. La Mm1 e Mm2 è stata la prima metropolitana italiana, fiore all’occhiello di una nazione all’avanguardia. Oggi anche la pubblicità è stata inserita sopra il nome delle stazioni, nella discesa delle scale esterne, quindi non si vede e disorienta.
Lo Studio Albini si è occupato, oltre che della nostra underground, anche del Passante ferroviario Garibaldi-Repubblica-Venezia. Citata e illustrata ancora oggi su tutti i libri di testo universitari di architettura, la prima linea della «tube» milanese disegnata da Franco e successivamente il figlio Marco Albini, fu terminata nel 1964, la seconda nel 1975, e si impose fin da subito come il simbolo del progresso e della velocità andando ad affiancarsi ad altri simboli come la Rinascente, il grattacielo Pirelli, la Torre Velasca, la Falck, la Magneti Marelli, l’Ansaldo e la Breda.
Ciò che ha curato Bob Noorda con altrettanto amore in maniera unitaria è stata la rete segnaletica, secondo un principio di visibilità grafica: pannelli indicativi in acciaio inox, modello Fulget, cemento decorativo rosso, una formula nuova e funzionale antiriflesso e antiscritte. «Ora anche questo in alcune stazioni come Cadorna e Duomo non esiste più. Le scritte rosse e bianche che si potevano leggere anche al contrario sono state stampate su metallo lucido che con l’illuminazione potente rende impossibile una lettura istantanea delle stazioni», spiega lo stesso Noorda. Lo stesso materiale lo Studio Albini lo usò per la Rinascente di Roma del 1958, in aggiunta all’innovativa «Gommabolli» della Pirelli, una superficie senza giunte che oggi viene sostituita di stazione in stazione da un pavimento sporchevole chiaro e da piastrelle bianche anche alle pareti, in origine color marmo. «Sono indignato perché l’Atm non ha interpellato il nostro studio in quanto creatori ed esperti della metropolitana cittadina», dice l’architetto Marco Albini. «Insegno Storia del trasporto e viabilità sotto il profilo urbano all’università di Piacenza, una specializzazione voluta dal ministero, e da anni dirigo la cattedra di Scienze del territorio del Politecnico di Milano. Già il Castello sforzesco e poi Palazzo Reale, di cui mi sono occupato da un punto di vista museografico, sono stati ribaltati durante l’ultima ristrutturazione rispetto ai loro criteri fondamentali. Trovo tutto questo un problema non solo di non rispetto da parte delle amministrazioni, ma anche un problema di incuria da parte di quei tecnici che se ne sono occupati. In questo sono d’accordo con Sgarbi», aggiunge con amarezza il suo creatore.

Il «com’era e dov’era» rimane una teoria sulla carta, ben formulata dall’architetto Luca Beltrami, col suo restauro scientifico di Milano, e dall’architetto Camillo Boito, padri e fondatori delle nostre facoltà di ingegneria e architettura.

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