Mosca - Settant'anni dallo scoppio della Seconda Guerra mondiale, ma la polemica è ancora viva. Con la Russia in bilico tra
toni conciliatori e accuse di "revisionismo", a Danzica si
commemora oggi il 70esimo anniversario dello scoppio della Guerra
Mondiale, conflitto che costò la vita ad almeno 50 milioni di
persone, quasi sei milioni nella sola Polonia.
Venti capi di stato Nella città sul Baltico, per l’occasione, si ritrovano una
ventina di capi di governo e dirigenti europei, dal presidente
uscente della Commissione Ue, Jose Manuel Barroso (in attesa di
riconferma), al cancelliere tedesco Angela Merkel, al capo del
governo francese Francois Fillon. Tra gli ospiti d’onore, al
fianco del premier polacco Donald Tusk, figura anche il
presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, mentre
l’amministrazione statunitense sarà rappresentata dal consigliere
alla Sicurezza James Jones. Ma sotto i riflettori, più di tutti,
durante la cerimonia nella fortezza di Westerplatte per ricordare
l’invasione nazista e l’inizio della Seconda Guerra Mondiale, ci
sarà Vladimir Putin.
La presenza di Putin e le polemiche Già la presenza del premier russo in Polonia sa di gesto di
riconciliazione, e Putin si è fatto precedere ieri da
un’intervista in cui condanna il Patto Ribbentropp-Molotov, che
il 23 agosto del 1939 sancì la divisione della Polonia tra l’Urss
di Stalin e la Germania di Hitler, oltre all’invasione sovietica
dei Paesi baltici.
Per Varsavia quel patto resta ancora oggi una grande ombra sui
rapporti con Mosca. Ma il capo del governo moscovita ha anche
puntato il dito contro il Patto di Monaco, che nel 1938 condannò,
fa notare Putin, "tutte le speranze di formare un fronte comune
nella lotta contro il fascismo". Inoltre, il premier russo ha
accuratamente evitato di citare l’invasione sovietica della
Polonia. Mosca non intende rinunciare al suo ruolo di
’liberatorè, mentre per i più a Varsavia i sovietici divennero
presto gli ’occupantì.
Nessuna scusa Insomma, difficilmente oggi la visita di
Putin a Danzica si tradurrà in ’scusè a nome del Paese erede
dell’Urss.
Anzi, oggi il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov ha
puntato il dito contro i tentativi di "porre sullo stesso piano"
la politica di Hitler e di Stalin, parlando di "culmine del
revisionismo storico".
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