La tv turca attacca Israele e fa infuriare pure i palestinesi

Un serial mette in mostra la cattiveria dei soldati israeliani. Ma la scena inventata di uno stupro scatena persino lo sdegno di Fatah

Zelo traditore, che brutta figura si fa quando si cerca di essere più realisti del re. Se ci si poteva aspettare che la Turchia inciampasse sulla strada iperislamica e antisraeliana intrapresa recentemente, che fossero i palestinesi, bandiera di Erdogan, a sbugiardare la Turchia non si sarebbe mai potuto prevedere. La storia è semplice: a ottobre la tv turca ha trasmesso un serial che ad ogni puntata mostrava la mostruosa cattiveria dei soldati israeliani. I soldati uccidevano e tormentavano con mostruosi sghignazzi bambini e donne palestinesi. Ok, fa parte della nouvelle vogue turca, la stessa che ha portato Erdogan a gridare insulti a Shimon Peres durante l’incontro di Davos.
Il serial in questi giorni è in onda su due tv del network saudita Mbc. Israele aveva già protestato, ma si sa, il diritto alla libera espressione fa si che né gli Usa né gli europei alzino mai un dito specie quando si incita all’antisemitismo. Diverso è con l’islamofobia, si capisce. Ma al tredicesimo episodio, in cui una famiglia palestinese torna dalla Giordania per trovare la sua casa distrutta dalle solite carogne, c’è anche una scena molto espressiva in cui una prigioniera del carcere israeliano, Miriam, viene violentata dalle guardie. Uscita dalla galera la ragazza nel film viene uccisa dalla famiglia, ed è sempre ovvia colpa degli israeliani. Ma la reazione delle prigioniere vere è stata immediata: «Chiediamo ai realizzatori della serie tv di scusarsi per la scena in cui viene violentata una prigioniera di nome Miriam» hanno detto. La scena, hanno aggiunto, non ha niente a che vedere con la realtà, e che non è mai successo che una ragazza palestinese sia stata violentata da un soldato israeliano: «Chi si immagina che una palestinese in prigione venga violentata, vive in un mondo di illusioni e di errori. Né abbiamo mai sentito dire che qualche donna sia stata uccisa dalla famiglia una volta rilasciata». Anche l’Autonomia Palestinese si è ribellata: Kadura Fares, membro del comitato centrale di Fatah, ha detto alla radio israeliana che i palestinesi chiedono di smettere di mandare in onda il film.
La Turchia intanto si avventura in una quantità di attivismo molto spinto: mentre da Gerusalemme è stato ritirato l’attuale ambasciatore Ahmet Oguz Cernicol (forse ritenuto troppo morbido dopo un recente testa a testa con il governo israeliano e sostituito con un diplomatico locale, Kerim Uras) a Istanbul si prepara il più grande convoglio marino per raggiungere Gaza con aiuti: lo organizza la Turkish Relief Foundation (Ihh) con varie associazioni decise a formare un convoglio di aiuto alla zona governata da Hamas cui parteciperà una ventina di navi turche, europee, malesi alla fine di aprile. Lo sfondo dell’attività antisraeliana dei turchi consta di un potente avvicinamento al mondo islamico dopo tanti anni di mediazione con l’Occidente. Oggi Erdogan è protagonista della resistenza alle sanzioni contro il nucleare iraniano, insieme a Chavez.
Intanto quasi tutti i militari turchi imprigionati dal governo con accuse di cospirazione sono stati rimessi in libertà, mettendo così in mostra l’intento eminentemente politico della retata.

E in questi giorni si discute molto anche del fatto che il governo turco sta riscrivendo la Costituzione in chiave islamista, introducendo misure che ne rafforzano il potere mettendo in subordine il militare e il giudiziario. L’ultima azione anti Israele è stata la minacciosa asserzione che la Turchia non se ne starà con le mani in mano e difenderà i musulmani ovunque, anche a Gerusalemme.

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