In fondo è uno dei pochi casi in cui la serie tv è meglio del libro. È già parecchio. Abbiamo visto in anteprima M. Il figlio del secolo (dove M. sta per Mussolini ma, dati i tempi, potrebbe stare anche per Meloni), la miniserie tratta dal romanzo più citato che letto di Antonio Scurati; e ci è piaciuta molto. Ci piacciono meno, invece, le polemiche annesse. Ad esempio. Luca Marinelli, l'attore che dà corpo e odiosità a Mussolini, è straordinario. Però perché nelle interviste oceaniche di questi giorni dice che «Non volevo avvicinarmi a Mussolini ma ho dovuto farlo» e «Interpretarlo è stato doloroso»? Poteva rinunciare. E comunque poi è arrivato il cachet ad alleviare il dolore. È l'indignazione che traccia il solco ma è la pecunia che lo difende. E lì ci siamo ricordati di Bruno Ganz: un attore che capì come portare in scena un dittatore senza fare parodie e senza piagnucolii.
Poi c'è la protesta capeggiata da una scrittrice engagée per i cartelloni che pubblicizzano la serie con un Mussolini 6x3 e il braccio teso nel saluto romano. Noi vedendoli ci siamo commossi (scherziamo, ndr). Ma tanti li hanno trovati «inquietanti» e «disgustosi». Curioso il cortocircuito scattato nella sinistra che fa del fascismo una ragione di sopravvivenza: difende i libri antimussoliniani di Scurati ma non vuole sentire parlare di Mussolini, né vederlo. A strafare con le proprie ossessioni si rischia l'effetto opposto. E così ti trovi il Duce dappertutto.
Tranquilli. Alla fine, messa così, neanche il fascismo è più una cosa seria. Nulla lo è in questo Paese, ormai.
A parte il business e l'ipocrisia.
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