Ue, Fini pessimista: Costituzione e bilancio minacciano l’Unione

Il ministro degli Esteri incontra Jack Straw: piena intesa con Londra su Irak e Medio Oriente ma lontani sulla finanza europea

nostro inviato a Londra
Allarme Europa. Nonostante Jack Straw, ministro degli Esteri britannico, dichiari che la Gran Bretagna è «determinata all'accordo sulle prospettive finanziarie» e che Blair non è certo rimasto con le mani in mano dopo la bocciatura della Costituzione e dopo la crisi sul bilancio, Gianfranco Fini - che prima di incontrare il collega inglese si è sottoposto all'analisi a raggi x di una stampa britannica mai troppo tenera con l'Italia - fa capire che il rischio, oggi, è che si passi «dallo stallo alla regressione».
Non è tanto e solo una questione di cifre. Tantomeno dovrebbe essere discorso finanziario o di mercati. Il fatto è, spiega paziente il titolare della Farnesina, che il doppio no franco-olandese e il braccio di ferro sul bilancio settennale 2007-2013 mette a repentaglio l'esistenza stessa della Ue. Risorgono gli interessi nazionali, si dà la pace nella vecchia Europa - che aveva fatto sognare i vecchi leader come Kohl - per cosa ormai acquisita, si pensa ognuno per sé senza grandi riflessioni. Ormai necessarie se si vuole competere con gli Usa ma ancora e soprattutto coi giganti dell'Est.
Scarta Fini, parlando ai microfoni Rai, l'idea che il tutto possa esser risolto con l'elezione di un presidente europeo da parte di pochi Paesi, magari dei soli fondatori. A suo modo di vedere - stante le impasse - occorre semmai avanzare laddove fin qui si era stati al palo: politica estera e di difesa.
«Stiamo perdendo un’occasione - dice davanti a giornalisti, parlamentari di sua Maestà britannica e ai “cervelli” del Cer, Centre for European Research, le teste d'uovo blairiane della City - perché non ci può essere un rilevante peso economico se non si coagula un comune interesse politico». Davanti all'abbattimento del totem-Costituzione e ai segnali di crisi che ormai si scorgono diffusi, a Bruxelles, Fini suggerisce «una terapia ambiziosa» per riprendere la marcia. «Guardiamo più in alto - propone - che ai bilanci. Decidiamo una politica comune sull'immigrazione e soprattutto sull'integrazione (e qui ricorda come in Italia sia stato tra i primi a proporre il voto amministrativo per gli immigrati, cosa che ripresenterà nella prossima legislatura, ndr), cerchiamo di aumentare le occasioni in cui l'Europa venga coinvolta in un ruolo di superpotenza come è accaduto recentemente, quando israeliani e palestinesi hanno voluto forze di controllo Ue per il valico di Rafah».
Politica estera e di difesa, dunque, per riprendere la marcia dell'integrazione. Non fa invece cenno Fini, che supera brillantemente l'attesa della stampa londinese (pronta ad apprezzare la sua «capacità di esporre» rispetto ad altri personaggi «coloriti» del centro destra) alla possibilità che su questo si possa camminare a due velocità, anche se si sa che l'opzione resta nelle sue corde. Ma intanto su tutto continua a pesare, allarmante, il nuovo scontro alle viste sul bilancio. Straw evita di accennare allo «sconto inglese», limitandosi a osservare che prima di ottenerlo la Gran Bretagna pagava molto più degli altri. Fini ribatte chiarendo che sì, sulla revisione della politica agricola che consuma il 40% del bilancio comunitario, l'Italia sarebbe d'accordo, tant'è che Berlusconi aveva ipotizzato un co-finanziamento da parte dei singoli Stati, ma che Chirac non ne vuol sentir parlare. Ancora Straw si dice certo che gli inglesi una proposta la esporranno, mercoledì prossimo, e si professa ottimista sul suo accoglimento. L'italiano ribatte sul fatto che noi i sacrifici li avevamo già accettati nella bozza messa a punto da Juncker e che più ci si allontana di lì, meno sarà possibile l'intesa. Chiama Fini «un franco scambio d'opinioni» quello col collega inglese che, in diplomazia, vale a un contrasto non marginale. E aggiunge che «ci sono due punti non aggirabili da parte italiana: non incidere sui fondi di coesione che vanno al nostro Mezzogiorno e non chiedere un centesimo in più rispetto a quanto già versiamo».
Pieno accordo invece sull'Irak, per il quale Straw loda l'impegno umanitario dei nostri soldati, sull'Iran e la questione palestinese e persino sugli Usa, dopo le voci dei raid della Cia in Europa per portare o prendere sospetti da e per Guantanamo. «Ho scritto alla Rice chiedendo spiegazioni», fa sapere il ministro britannico. «Verifichiamo come stanno effettivamente le cose senza correre dietro alle indiscrezioni», gli fa eco l'italiano. Sul tavolo, a dividere e a far temere l'arretramento dell'Europa resta il macigno del bilancio. «Il portavoce di Barroso dice che piuttosto che Robin Hood siamo lo sceriffo di Nottingham? Non conosce bene quanto è avvenuto nella foresta di Sherwood.

Gli manderò il film», commenta perfido Straw le accuse che piovono a Londra da Bruxelles. E Fini, a chi gli chiede se ha provato a tastare il polso sullo sconto inglese, lascia l'isola mormorando: «Inutile. Lo sanno a memoria cosa pensiamo della faccenda».

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