Anche se è ormai provato che Saddam non aveva le celeberrime «armi di distruzione di massa», nonostante adesso il presidente Barak Obama abbia una posizione differente sulla guerra in Iraq rispetto al predecessore George W. Bush, «giusto o sbagliato che sia, questo è il mio paese». Il famoso detto anglosassone si addice perfettamente alla notizia, pubblicata ieri dal prestigioso quotidiano New York Times, sulle dimissioni di un ufficiale dall'Esercito degli Stati Uniti d'America.
Lo Stato Maggiore Usa permetterà che possa dimettersi dall'arma, seppure con menzione di «disonore», il ribelle sottotenente Ehren Watada, che nel 2006 si rifiutò di partire per l'Iraq definendola orgogliosamente «una guerra illegale». Watada, subito intervistato da giornali e quotidiani, dichiarò addirittura di non voler diventare «corresponsabile di un crimine» e per questo denunciò persino l'allora presidente degli Stati Uniti, Bush.
Il trentunenne sottotenente, nativo ad Honolulu (Hawaii), chiese in quell'occasione anche di lasciare l'esercito americano. Ma l'esercito in prima istanza gli negò il permesso, rivendicando invece il diritto di processarlo davanti ad una corte marziale. Ne nacque così un contenzioso legale che si è risolto solo nei giorni scorsi, dopo anni di battaglie legali.
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