«Unabomber? Io chiedo la macchina della verità»

«Sono stato dato in pasto all’opinione pubblica ma dimostrerò la mia innocenza». «La famiglia e gli amici mi dicono di non scoraggiarmi». «Faccio la spesa nei negozi colpiti: che male c’è?»

Sandro Rinaldini

da Pordenone «Sono pronto a sottopormi al siero della verità o alla macchina della verità, anche se la legge italiana non lo prevede». Elvo Zornitta, 49 anni, ingegnere, sposato, una figlia di dieci anni, si rilassa sulla sedia in pelle dello studio di Pordenone dell’emittente televisiva Triveneta e abbozza un sorriso. Si chiude così la lunga intervista che la televisione veneta con copertura su tutto il Nordest ha registrato ieri pomeriggio e che manderà in onda stasera alle 21,30. Accanto a lui il suo legale, l’avvocato Paolo Dell’Agnolo di Pordenone che cura la difesa dell'ingegnere pordenonese con il collega Maurizio Paniz di Belluno. Zornitta è il sospettato numero uno del caso Unabomber dopo che dalla sua abitazione sono state sequestrate un paio di forbici che, secondo l’accusa, sarebbero servite a confezionare uno degli ordigni esplosivi attribuiti a Unabomber e, precisamente, quello trovato inesploso nella chiesa di Sant’Agnese a Portogruaro, in provincia di Venezia, il 2 aprile del 2004. Il 10 ottobre scorso, a Trieste, c’è stato l’incarico ufficiale ai periti dell’accusa e della difesa da parte della Procura triestina per effettuare l’esame probatorio che si concluderà ai primi di dicembre. «Quelle forbici - dice a Triveneta Elvo Zornitta - erano a casa mia: le avevo comprate per effettuare lavori di potatura delle piante. Sono forbici comuni come tante altre e che ognuno di noi può avere in casa». Le forbici sono state costruite a Premana, la città capitale del distretto della coltelleria lombarda e potrebbero giocare un ruolo decisivo in questa interminabile caccia all’uomo. Se i segni trovati sul lamierino della bomba, infatti, saranno compatibili con quelli della lama della forbice, sostiene l’accusa, non ci saranno più dubbi: quella sarà la forbice di Unabomber. Per provarlo è stato incaricato anche un tecnico dell’Fbi, Carlo J. Rosati con il collega italiano Piero Benedetti. «Dal 27 agosto, da quando è trapelata la notizia che riguardava me - precisa Elvo Zornitta -, la mia vita è cambiata. Certo, avevo già subìto un paio di perquisizioni, ma per la prima volta il mio nome e la mia faccia sono stati messi in pasto al pubblico. Cosa dico a mia figlia e a mia moglie? Sono sereno e a loro ho raccontato perché sono coinvolto in questa vicenda. Quello che mi aiuta è la solidarietà della gente e degli amici: in tanti mi battono una mano sulla spalla ogni giorno e mi dicono di tenere duro». Abito pesante marron scuro, cravatta damascata, camicia color nocciola, Elvo Zornitta appare stanco e magro. «La prima volta che avevo letto di Unabomber non ero ancora sposato e davvero non mi sarei mai aspettato di diventare il sospettato numero uno. Sui luoghi degli attentati o nei supermercati dove sono stati venduti gli oggetti poi esplosi, in alcuni ci sono stato, ci vado anche adesso, ad esempio per fare la spesa; in tanti altri mai - dice il tecnico friulano -. Hanno descritto la mia casa come un laboratorio, ma io possiedo solo alcuni comuni oggetti per fare del bricolage, come tanti. Mi piace riparare gli elettrodomestici e per il mio lavoro di progettista di componenti meccanici voglio capire come funzionano certe cose e poi non butto via mai niente perché tutto mi potrebbe servire». A casa sua sono stati trovati oggetti che sono serviti a Unabomber per costruire i suoi ordigni... «Se ci riferiamo ai contenitori delle sorprese all'interno degli ovetti di cioccolato posso dire che me li ha regalati mia figlia e io stesso li ho consegnati agli investigatori. Stessa cosa per altri oggetti che ha usato mia moglie, ad esempio, come le fiale di prodotto per farcire le torte o i pennarelli. Per divertire mia figlia, poi, e non l'ho mai nascosto, ho costruito dei fuochi d'artificio». Ingegnere, si è parlato di una sfida agli inquirenti quando ha lei stesso consegnato questi oggetti... «Ho semplicemente collaborato verso le forze dell'ordine, nessuna sfida, tutto qui». Nato in provincia di Belluno, Elvo Zornitta arriva giovanissimo in Friuli Venezia Giulia per lavorare alla Oto Melara. «Lavoravo al computer e non costruivo certo ordigni: un lavoro come un altro. Certo non ho nulla da rimproverami per essere al centro di questa storia». Il pool di investigatori su Unabomber arriva a lui dopo uno screening su persone che hanno avuto a che fare con esplosivi, chimica e meccanica applicata. «Sono sereno - conclude Elvo Zornitta -.

E a questo punto sono pronto a tutto per dimostrare la mia innocenza, anche al siero della verità, come dicevo. È dal maggio del 2004 che sono controllato giorno e notte, ho sempre collaborato, e Unabomber ha colpito, da allora, altre cinque volte».

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