Vaccari, il tempo viaggia in 90 scatti

Questa sera l’autore discuterà del suo lavoro con Barilli e Palazzoli, protagonisti della scena artistica negli anni ’60 e ’70

Franco Vaccari ha l'espressione semplice di un uomo d'altri tempi, eppure è da sempre proiettato nel futuro. Nato a Modena nel ’36, è uno dei primi videoartisti italiani, presente in quattro edizioni della Biennale di Venezia con lavori che sono riusciti a precorrere gli eventi artistici e sociali del Paese. Allo Spazio Oberdan fino al 13 maggio l'ampia antologica a lui dedicata: «Franco Vaccari. Col tempo. Esposizioni in tempo reale, fotografie, film, video, video-installazioni, 1965-2007», a cura di Vittorio Fagone e Nicoletta Leonardi. C'è tutto di lui in 90 opere fotografiche, 2 video-installazioni, 9 video e film, 21 libri d'artista. Il titolo si ispira a un famoso dipinto realizzato dal Giorgione tra il 1506 e il 1507 e conservato alla Galleria dell'Accademia di Venezia, ritratto a una vecchia che tiene in mano un cartiglio con l'iscrizione «col tempo», monito e insieme apologia della ciclicità dell'esistenza.
Vaccari ti viene incontro con la mano tesa pronta a stringere la tua. Sembra uscito da un film di Fellini, o pare volerci entrare. Sorride e ti dice: «Che cosa le è piaciuto e cosa non ha capito di quello che ha visto esposto qui?». Tu divaghi toccando molti temi, poi gli chiedi spiegazioni di due enigmatiche polaroid che ammiccano a un tema incomprensibile. «Qui - spiega lui - ho usato le regole del linguaggio araldico in maniera non convenzionale, applicandolo all'interpretazione delle immagini, che diventano stemmi antichi descritti in ogni simbologia». Insieme alla produzione recente sono in mostra le sue opere emblematiche degli anni Sessanta e Settanta: le pop-esie visive, in cinema d'artista con le prime sperimentazioni video, la mail-art, le tematiche bio-naturalistiche e concettuali, i lavori esposti alla Biennale, la ricerca sulle Photomatic già raccolte nel 2006 alla milanese Galleria Bel Vedere, le riflessioni intorno a spazi pubblici e città, il superamento dei confini dei luoghi istituzionali dell'arte per arrivare direttamente nel tessuto urbano e interagire con il pubblico. «Questo tema non l'ho mai abbandonato - racconta il maestro - è il senso delle mie esposizioni in tempo reale. C'è il coinvolgimento diretto dell'osservatore nella realizzazione dell'opera, dove l'artista diventa colui che innesca l'evento senza controllarne gli esiti. Tutto evolve in relazione a come il pubblico reagisce agli stimoli che io offro, portandoli a interrogarsi sulla loro stessa identità sociale e sull'esperienza che stanno compiendo». Si potrebbe proseguire all'infinito divagando sulla sua creatività, ma Vaccari ti ferma e dice divertito: «Ora le svelo un segreto». Ti prende a braccetto e ti porta all'ingresso per mostrarti una grossa bilancia montata davanti alla porta della sala principale. «Da qui dovranno passare tutti. Alla fine non calcolerò il numero di visitatori entrati, ma quale biomassa complessiva, quale volume di pubblico ha visto l’esposizione».

Imbarazzante per gli spettatori rotondetti, maestro? Lui ride: «No, non si vedrà il peso del singolo, solo quello globale in divenire».
Questa sera, ore 21, incontro con l’autore nella sala Cinema dello Spazio Oberdan. Intervengono: Renato Barilli, Daniela Palazzoli, Vittorio Fagone, Nicoletta Leonardi

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