
11 febbraio 2013, più di dodici anni fa. Durante il concistoro per la canonizzazione dei Martiri d’Otranto, Papa Benedetto XVI annunciò al mondo la sua volontà di dimettersi con un discorso in latino. La rinuncia al soglio pontificio – la prima in età moderna – diventò ufficiale alle ore 20 del 28 febbraio seguente, facendo di Joseph Ratzinger l’ottavo Papa dimissionario dopo Clemente I, Ponziano, Silverio, Benedetto IX, Gregorio VI, Celestino V e Gregorio XII. Il resto è storia: la nomina di Jorge Mario Bergoglio come 266° Santo Padre della Chiesa cattolica e quella di Ratzinger a Papa emerito.
Il titolo di Papa emerito non è esplicitamente previsto da alcuna norma della Chiesa cattolica e per questo motivo Benedetto XVI è stato l’unico ad utilizzarlo dopo la rinuncia all’ufficio di romano pontefice. Nonostante ciò, venne chiamato ugualmente “Sua Santità” e continuò a indossare l’abito talare bianco semplice ma senza la pellegrina bianca e la fascia. All’anulare destro tornò a portare l’anello vescovile. La scelta di rinunciare al ministero improvviso non fu improvvisa, bensì maturata gradualmente come confermato dal segretario Georg Gänswein. Dimissioni che peraltro non sono mai state oggetto di rimpianti e ripensamenti.
Il rapporto tra il Santo Padre argentino e il Papa emerito è stato spesso oggetto di indiscrezioni, pettegolezzi e voci mai confermate. Basti pensare ai complotti messi a punto da alcuni cardinali che hanno accusato Bergoglio – davanti a Ratzinger – di eresia sul tema delle unioni civili. A moltiplicare le polemiche, inoltre, il recente attacco frontale di Bergoglio all’ex segretario di Ratzinger, il già citato monsignor Georg Gänswein, definito un uomo privo di “nobiltà e umanità”. Per molti questo affondo sarebbe stato “poco rispettoso” nei confronti del compianto Benedetto XVI.
Del suo rapporto con il Papa emerito ne ha parlato lo stesso Bergoglio in più occasioni nell’ultimo periodo. Emblematico il libro-intervista dal titolo “Papa Francisco. El sucesor" in cui si è soffermato sull’elezione di Ratzinger nel 2005, quando il suo nome fu il secondo più votato. Nel dialogo con l’autore Javier Martinez-Brocal, Papa Francesco ha presentato se stesso come l’uomo che ha sbloccato la partita del Conclave grazie a un presunto passo indietro. Una versione da pope-maker molto diversa da quella fornita in passato, in cui sosteneva che "mi usavano, ma dietro già stavano pensando a proporre un altro cardinale. Non erano d’accordo su chi sarebbe stato, ma stavano per lanciare un nome”.
Sempre nello stesso libro, Papa Francesco ha ripercorso la lunga amicizia con Benedetto XVI, iniziata quando entrambi erano semplici cardinali durante il lungo pontificato di Giovanni Paolo II. Per quanto concerne la rinuncia al papato di Ratzinger, invece, ecco la versione dell’argentino: “Lo so perché è stato lui stesso a dirmelo. Ha rinunciato per onestà. Sentiva che le forze lo stavano abbandonando, ed era un problema. Non era per nulla attaccato al potere. Alcuni mi chiedono se anch'io ho intenzione di rinunciare. È una possibilità reale, ma per il momento non ne sento la necessità”.
Sul ruolo di Ratzinger da Papa emerito, invece, Bergoglio ha sottolineato che “si sentiva molto libero”, stesso discorso per lui. “Naturalmente non era d’accordo con alcune mie decisioni, ma con il suo silenzio le ha sempre rispettate. Servono santità e molto coraggio per questo” ha aggiunto in un altro passaggio, a testimonianza della differenza di vedute su determinati dossier.
Ma la stima e la vicinanza non sono mai venute meno, anzi: “Mi viene da dire che è stato un grande. Come mi piacerebbe che fosse ricordato? Come l’uomo che è stato: un uomo che ha avuto il coraggio della rinuncia e che, da quel momento, ha continuato ad accompagnare la Chiesa e il suo successore".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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