Il velluto torna chic, il paltò si veste da sera

Giacche strette e pantaloni comodi da Dolce & Gabbana per una collezione con suggestioni anni Ottanta, Cavalli riscopre il cappotto con la mantellina e lo smoking blu in stile duca di Windsor. Jil Sander gioca col verde e il rosa

Il velluto torna chic, il paltò si veste da sera

Eccentrica, ribelle, modernista o digitale? «Soprattutto nuova» rispondono all'unisono gli stilisti che ieri hanno presentato le collezioni uomo per il prossimo inverno sulle passerelle di Milano. Parlano tutti di sartoria, il tabernacolo dell'eleganza maschile più classica e tradizionale, la perfezione intesa come necessità. Un sarto degno di questo nome può far sembrare alto e dritto anche il gobbo di Notre Dame, ma il suo ruolo finisce qui. La moda va oltre, si assume il rischio di progettare il futuro conoscendo il passato e vivendo nel presente. «Il nuovo è difficile da raccontare» dicono infatti Dolce & Gabbana prima di far sfilare una serie di modelli mai visti prima anche se tutti riconoscibili come frutto di un gran lavoro sartoriale. La giacca si accorcia sensibilmente ma non somiglia allo striminzito giacchino del Signor Bonaventura per via di un supremo uso delle proporzioni: spalle piccole e ben insellate che incorniciano dei grandi revers. I pantaloni si allungano all'altezza del cavallo in discesa libera anche di trenta centimetri. Questa morbidezza in genere tipica dei calzoni alla turca non ha niente di etnico perché si stringe a imbuto sulla coscia ed esalta le curve dei muscoli. Non mancano i cappotti, con maniche molto strette e senza fodera, tutti lavati in lavatrice perché i tessuti corposi e al tempo stesso leggeri assumano un'aria vissuta non stropicciata. In platea e nel cuore dei due stilisti c'è Bryan Ferry, l'elegantissimo musicista che negli anni Ottanta ha fondato e sciolto i Roxy Music. Dalla sua immagine eccentrica e sempre curatissima Domenico e Stefano prendono un profumo più che una citazione anche se poi sulle t-shirt c'è la stampa delle sue cover più belle. Del resto qualcosa di quel periodo magico dal punto di vista estetico e musicale deve pur rimanere per costruire il nuovo in sartoria.
Infatti Daniele Cavalli una la parola "groovy" per descrivere il mood di collezione ed essere "into the groove" significa "stare nel solco del vinile", ovvero al centro della scena. C'è un po' di questo negli abiti a tre pezzi (giacca, pantalone, gilet) costruiti in base all'architettura del corpo ma con un certo non so che di selvaggio che è la vera cifra stilistica del brand. Soprattutto c'è il lodevole tentativo di non confondere il rigore con la rigidità per cui le bellissime camicie con la stampa fotografica dei classici intarsi in pelle di Cavalli, sono in jersey come le T shirt. Lo smoking in velluto blu come lo portava il duca di Windsor, il sette/ottavi di camoscio tagliato da Dio e cucito ancor meglio, il paltò da sera con mantellina o postigliona che dir si voglia e gli stivaletti tipo Camperos: tutto ha un sapore d'antan e al tempo stesso nuovo, si fa fatica a capire da dove viene, ma è facile dire dove va.
Ancor più preciso il lavoro di Ennio Capasa sul concetto di "sartoria ribelle" che ha sempre caratterizzato Costume National. Stavolta il bravissimo designer pugliese sintetizza il suo messaggio in modo esemplare nei capi cammello con strisce di vernice nera al posto delle cuciture, nelle maniche da biker montate sul paltò, nelle maglie incrociate con lo smoking. Il risultato è un già visto che sa di nuovo.
Dello stesso segno il lavoro di Raf Simons per Jil Sander con punte di magia per esempio nei colori: verde citrino, rosa magenta, giallo zafferano, mandarino o blu Kline alternati con il tutto nero, grigio o blu in una specie di gioco delle tre tavolette. Fantastiche le scarpe via di mezzo tra stringata e mocassino, mentre non era del tutto accattivante la rigidità dei capi in nylon imbottito. Sul fronte tessuti nessuno può competere con Zegna che stavolta vince anche sul fronte dello spettacolo con l'indimenticabile sfilata a metà strada tra reale e virtuale grazie all'uso della tecnologia Live D. In buona sostanza ci siamo visti sulla Grande Muraglia mentre intervistavamo Gildo Zegna sul perché di tante citazioni cinesi nella moda come nello show: dalle fantasie riprese dal quadro del 1100 simbolo dell'expo di Shangai alla riga del gessato fatta come una canna di bamboo passando per la colonna sonora e i visual effect di James Lima. "Festeggiamo 20 anni di presenza in Cina e ai cinesi bisogna dare l'effetto Wow" ha detto l'imprenditore.

Ecco cosa è mancato alla sfilata di Corneliani: la capacità di sorprendere ed entusiasmare. Nessuno vuole più il "famolo strano", ma non bastano un paio di occhiali e un papillon per dire che la collezione è ispirata a Le Courboisier.

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