La vendetta di Fini: spazzati via i vertici di An

Direzione il 28 luglio: si parlerà di partito unico. E c’è chi rispolvera la «lista del presidente»

Alessandro M. Caprettini

da Roma

A questo punto c’è chi ritiene lo abbia fatto apposta. Non l’aveva forse pronunciato quel «vi farò sputare sangue» all’indomani dell’apparire delle critiche all’arsenico sul suo comportamento da parte di La Russa, Gasparri e Matteoli? E così giusto ieri, quando i primi due si preparavano a festeggiare il proprio compleanno - sono entrambi nati il 18 luglio; del ’47 il presidente dei deputati, del ’56 l’ex ministro delle Comunicazioni - Gianfranco Fini diramava l’editto del commissariamento totale di An. Stop a ogni incarico dei vicepresidenti, dei componenti degli uffici di presidenza. Addirittura dei coordinatori regionali.
Un imprevisto e fulmineo «controgolpe» contro i colonnelli che, forse, tramavano il golpe. Se n’è rimasto in furibondo silenzio per 48 ore, il ministro degli Esteri, unico e riconosciuto generalissimo di Alleanza nazionale. Poi con una rasoiata condita dall’affidamento del potente ufficio organizzativo a un «signor nessuno» ha dettato la linea. Dura, durissima.
Un blitz che azzera davvero tutto e promette novità clamorose o l’ennesimo episodio di una saga - già vista più di una volta - che alterna liti feroci a riconciliazioni diplomatiche nella sede della direzione, già convocata per giovedì 28 luglio? Difficile dirlo, al momento. Fini non parla. Ha cancellato la conferenza stampa di prammatica dopo il vertice dei 25 ministri degli Esteri, ieri mattina a Bruxelles. S’è limitato a far sapere che con Alemanno - giunto con lui nella capitale belga per un summit sullo zucchero dei ministri dell’Agricoltura - s’era limitato a parlare di temi europei. Ma anche andando a frugare tra i commenti, più o meno interessati, dei dirigenti di An non è che si rintracci granché.
Primo, perché tutti ma proprio tutti, a cominciare da La Russa e Matteoli, dicono di «condividere le sue decisioni». Secondo, perché ognuno o quasi tira il commissariamento per la giacchetta. «Giusto, per sbaraccare le correnti», sostiene il vicepresidente della Camera Publio Fiori. «Giusto, per fare chiarezza», gli fa eco Adolfo Urso. «Giusto, per poter finalmente ascoltare la base del partito che nel Nord invoca la fine dell’assistenzialismo e l’avvio del federalismo» dice il coordinatore veneto Zanon. «Giusto, per avviare la marcia verso il partito unico dei moderati» sostengono un altro paio di coordinatori del Sud, mentre quasi all’unisono si reclama più attenzione nei confronti dei dirigenti locali e delle loro istanze, finendola con l’era dei colonnelli. C’è uno solo - ma anche qui siamo al déjà vu - che si muove controcorrente: Teodoro Buontempo. «Di fronte all’ennesima crisi, Fini doveva convocare urgentemente la direzione. Non la si può convocare sempre a copertura di decisioni già prese! Fini ripete l’errore commesso fin qui, e cioè di gestire An attraverso nomine fiduciarie e decisioni dall’alto. Mentre quello che serve è più democrazia!».
Parole. La realtà dice che la direzione nazionale di An è convocata per il 28. E sarà in quella sede - all’ordine del giorno figurano la partecipazione di An alla costituente del centrodestra e la legge elettorale - che Fini dirà la sua. Qualcuno, s’è detto, proprio nella lettura del programma vede un accostare alle tesi del partito unico dei moderati. Ma altri ribattono sul fatto che i La Russa e i Gasparri da non pochi mesi sono guardati con sospetto da Fini per il loro essere berluscones. E dunque? C’è chi rispolvera a questo punto l’idea della «lista Fini». Se ne parlò, un paio di anni fa, come di un’idea abbozzata dal leader che si sentiva «incatenato» dai compagni di un viaggio durato fin troppo a lungo. Ma anche questa pare più un pio desiderio che una tesi sostenibile in un partito che qualcosa ha sofferto per l’uscita della Mussolini (specie in Campania) e che in alcune regioni come la Sicilia - dove Lombardo ha fatto scuola - potrebbe esplodere in mille rivoli.
In tanto putiferio, c’è chi come Francesco Storace fa professione d’ottimismo: «Me lo aspettavo - confessa -, adesso vedremo cosa accadrà, ma non credo sia un danno.

E questo è la conferma che il partito ha un suo leader». Più prudente e coperto Gianni Alemanno. Ma cosa intenda davvero fare Gianfranco Fini nessuno lo sa. E qualcuno azzarda che neanche lui probabilmente a quest’ora lo immagina.

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